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Cap I  – la sortita

a cura di Gianni Briganti

Gianni Briganti

Gianni Briganti

La spettacolare vicenda storica dell’imbarco di Garibaldi da Cesenatico è estremamente affascinante sotto molti punti di vista per quanto incredibilmente sconosciuta ai più, se non in maniera prettamente superficiale. E’ celata all’interno di bibliografie in realtà accessibili a tutti ed è giunto il momento di raccontarla nella sua pienezza. Quando si parla del rapporto, fugace tra l’altro, tra l’eroe dei due mondi e la nostra cittadina vengono in mente bene o male le poche informazioni disponibili online, su illustrazioni o similari. Sappiamo che l’eroe dei due mondi arrivò presso la nostra cittadina nella notte tra l’1 e il 2 agosto, con sua moglie Anita al seguito, e da qui si imbarcò la mattina del 2 agosto del 1849 in fuga dall’esercito francese per correre in aiuto di Venezia, assediata dagli austriaci. Requisì allo scopo 13 imbarcazioni ma fu intercettato poco dopo dagli stessi austriaci e costretto a sbarcare presso l’attuale Porto Garibaldi.

Come mai un abile condottiero come Garibaldi, tra l’altro pure esperto marinaio che pochi anni più avanti porterà a garibalditermine la celebre spedizione dei mille, viene intercettato e bloccato in questo breve viaggio? Fato o imperizia furono i motivi di questo fallimento? Quale la dinamica dello scontro? Siete curiosi di sapere finalmente di chi è la probabile colpa della debacle? Facciamo prima un passo indietro. Cesenatico verso la metà del 1800 era diventata un fiorente porto di mare soprattutto per merito delle storiche famiglie di pescatori provenienti da Chioggia, che qui si erano stabilite per sfuggire alla concorrenza marinara della vicina Repubblica di Venezia. Davide Gnola, nel suo libro “Storia di Cesenatico”, ricorda a proposito di come alcuni cognomi locali come Ballerin, Pagan, Penso, Dusi e Zennaro si siano qui diffusi proprio grazie a questo fenomeno di immigrazione.

Ebbene nelle sue “Memorie” Garibaldi annota come, arrivato a mezzanotte a Cesenatico, abbia preso in mano la situazione cogliendo di sorpresa e disarmando alcuni gendarmi austriaci e intimando le autorità locali di fornirgli delle imbarcazioni. Pochi sanno però come le 13 imbarcazioni fossero state requisite, come scriverà Gian Stefano Marchese, “un po’ per forza un po’ colle buone” assieme all’equipaggio dei pescatori proprietari delle stesse, ovvero proprio i cesenaticensi di origine chioggiotta precedentemente citati, allo scopo di aiutarlo a governarle. Oltre a questi, Garibaldi imbarcò i 150 sodali al suo seguito e diversi prigionieri fatti sul posto ovvero “il Vice Brigadiere Comandante la brigata del Cesenatico, due carabinieri, ed alcuni soldati austriaci” (A.Gennarelli, Il Governo Pontificio e lo Stato Romano).

L’eroe dei due mondi riporta come “A Cesenatico si faticò una intiera notte per effettuare la sortita (l’uscita dal portocanale) dei bragozzi (…). Anita, seduta l’intiera notte su di un sasso, contemplava dolorosamente gli sforzi da me fatti per ottenere l’intento!” (Felice Orsini, Scene storiche delle cospirazioni italiane). La burrasca che si alza in quel momento rende infatti difficilissima l’uscita, che il condottiero sperava di portare a termine prima del sorgere del sole. E’ in questo frangente che Garibaldi descrive nelle sue “Memorie” i locali pescatori a bordo come “gente sonnolenta e di mala voglia che si doveva spingere a piattonate, per farla muovere, ed ottenere il necessario”. Fatto sta che le 13 imbarcazioni riescono finalmente a uscire dal porto, con l’indicazione di “navigare più uniti che possibile”. Proprio a questo punto inizia la parte più sconosciuta di questa vicenda potete leggerla a questo link.

Alessandro Mazza

Alessandro Mazza

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