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Cap II – L’astuzia

a cura di Gianni Briganti

Gianni Briganti

Gianni Briganti

Nel precedente articolo (leggi qui) abbiamo visto come Giuseppe Garibaldi sia salpato da Cesenatico con 13 imbarcazioni da lui comandate ma governate anche con l’aiuto dei proprietari delle stesse, locali pescatori di origini chioggiotte stabilitisi da tempo nella nostra cittadina.
Il racconto più noto degli eventi narra di come la sera successiva, nei pressi del delta del Po, le imbarcazioni vengano intercettate da una piccola flotta di navi austriache. Altre fonti (G.Lombroso, Storia di dodici anni narrata al popolo italiano) raccontano di come invece fossero “quasi in vista di Venezia” se non “già in vista dell’estremità meridionale del golfo di Venezia” (Luigi De La Varenne, Vita del Generale Garibaldi) o ancora “già in vista delle Lagune” (A.Dumas, Memorie di Giuseppe Garibaldi).

Tralasciamo per un attimo questo dettaglio e concentriamoci invece sulla reazione di Garibaldi alla sua intercettazione da parte dell’Oreste, un brick austriaco comandato dal feroce anti-italiano dalmata Kopinowich (G.Lombroso, Storia di dodici anni narrata al popolo italiano) a cui si aggiunsero altri due bastimenti nemici. La storia nota racconta di come fu costretto a sbarcare a Magnavacca (oggi Porto Garibaldi) ma non riporta invece cosa successe prima, durante la battaglia in mare; inizia infatti in quel momento un fuoco di cannoni all’indirizzo delle 13 imbarcazioni cesenaticensi.

Scrive A.Dumas che a quel punto Garibaldi “tenta di passare a traverso i nemici e di tenere unite le sue barche”. La prima volta che ho letto e riletto questo passo ho pensato a un refuso. Semmai Garibaldi avrà tentato di passare lontano dai nemici, allontanandosi dalle palle di cannone, non attraverso. Leggo quindi il testo di Luigi Carlo Farini (Lo stato romano dall’anno 1815 al 1850) che conferma invece come “non perde egli l’animo, chè cercando aprirsi un varco governa unite le sue barche” e pure Mario Carletti (Biografia del generale G.Garibaldi) ribadisce che egli “ordinò che si procedesse loro innanzi approfittando degli intervalli che dividevano fra loro i legni nemici”, ovvero tra le imbarcazioni austriache. Tutto ciò mi sembrava semplicemente assurdo o forse indicativo di un Garibaldi rassegnato, che piuttosto che farsi catturare preferisce magari affondare e morire sull’imbarcazione, gettandosi tra le fauci delle navi nemiche in attesa dell’ultima fatale palla di cannone.

Mi sbagliavo profondamente e anzi proprio in questo passo emerge la lucidità di un grande stratega militare nonché di un abile marinaio quale Garibaldi era. Chiarisce infatti la tattica Giuseppe Da Forio (Vita di Giuseppe Garibaldi): “Per cacciare le mani era mestieri ricorrere all’astuzia del capitano. Il quale immagina una manovra, con cui avrebbe finto di dividere la sua piccola flottiglia, passando in mezzo ai legni nemici di sotto alle palle, che l’un legno avrebbe tirato sull’altro”. In Garibaldi2sostanza egli pensa di fingere di dividere in due la sua flotta per far dividere a sua volta la flotta nemica, per poi riunirsi entrando in mezzo al varco. Considerate che nel 1849 la precisione balistica non era all’ordine del giorno, specie in un contesto ondoso come la navigazione in mare; per affondare le navi nemiche si andava per tentativi, lanciando un gran numero di palle di cannone con la speranza che una prima o poi colpisse l’obiettivo. Se fosse riuscito ad entrare con tutte le imbarcazioni in mezzo alle navi della flotta austriaca, queste avrebbero dovuto cessare il fuoco, per evitare il rischio di affondarsi a vicenda: “cacciarsi in mezzo alla flottiglia nemica e cercare di là un porto per isbarcare”.

G.Lombroso chiarisce quindi le sue intenzioni: “Il suo disegno consisteva nel dividere l’attenzione e le forze del nemico, in modo da poter passare rapidissimamente fra mezzo al di lui fuoco per arrivare a Punta di Maestra, donde gli sarebbe stata facilissima cosa andare a porsi sotto la protezione della crociera veneta”. Scappare dall’inseguimento delle navi austriache sarebbe stata una follia, impraticabile per la lentezza di semplici imbarcazioni da pescatori; andargli incontro, viceversa, sarebbe stata cosa più rapida, sommando la velocità reciproca di avvicinamento delle imbarcazioni avverse. Inoltre i tempi di manovra necessari alle navi nemiche per invertire la rotta avrebbero dato un po’ di vantaggio a Garibaldi per riuscire a raggiungere Punta di Maestra, dove avrebbe trovato la protezione della marina della Repubblica di Venezia.

Garibaldi aveva un piano perfetto ed era determinato a portarlo a compimento ma qualcosa andò storto e mandò tutto all’aria causando l’affondamento di ben 8 imbarcazioni su 13. Se volete sapere cosa è successo, e per colpa di chi, non perdetevi il proseguimento del racconto A QUESTO LINK!.

Alessandro Mazza

Alessandro Mazza

Mi piace farmi gli affaracci vostri!

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