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Ultimo atto – Trabocchetti e nascondigli

a cura di Gianni Briganti

Negli articoli precedenti vengono raccontati sia l’autentica storia della partenza di Garibaldi da Cesenatico (leggi qui), che la strategia studiata per evitare di essere affondati dalla flotta austriaca (leggi qui) e infine i motivi che hanno portato al fallimento di questo piano, con conseguente sbarco a Comacchio (leggi qui). E’ tuttavia interessante ripercorrere dall’inizio tutta la vicenda dell’arrivo di Garibaldi a Cesenatico per sviscerare tanti piccoli dettagli meno noti; frattaglie di storia provenienti da diverse fonti che arricchiscono il racconto di quest’avventura.

Innanzitutto come mai da San Marino decide proprio di recarsi a Cesenatico per l’imbarco? Garibaldi rivela nelle sue “Memorie” che la decisione arriva grazie all’aiuto di un certo Galoppini, un giovane di Forlì, che col suo biroccio perlustrò velocemente la zona per verificare dove vi fossero meno Austriaci; è grazie alle informazioni di questo coraggioso ragazzo che la decisione cade quindi su Cesenatico. Ma non solo; il giovane fornisce alla piccola schiera anche delle guide per accompagnarlo, ovvero “tre contadini, che per tali vie la conducevano a Verrucchio ed a Cesenatico” (G.Ricciardi).

Gli austriaci avevano tentato da subito di far terra bruciata davanti al loro cammino; in particolare il governatore di Bologna, Generale Gorzowski, mise una taglia sulla testa del condottiero e proclamò che “Colui che darà pane, fuoco, acqua a Garibaldi, o a suoi seguaci, sarà sottoposto alla legge marziale” (L. De La Varenne). Interessante sarebbe sapere se i padroni della casa cesenaticense posta sul portocanale che racconta di tale ospitalità subirono poi le conseguenze di quel coraggioso gesto (“Anita e Giuseppe Garibaldi, il 2 Agosto 1849 inseguiti da quattro eserciti dopo l’epopea romana trovarono ospitale rifugio”); l’aneddoto purtroppo non è riportato in dettaglio su alcuna fonte storica consultata.

Sia come sia, alcuni passi di G. Da Forio ci raccontano del loro arrivo a Cesenatico a ridosso della mezzanotte. La città è piena zeppa di soldati croati (la Croazia era allora parte dell’Austria) e proprio in questo frangente abbiamo una conferma del grande ascendente che Garibaldi aveva sui suoi uomini. Basta un suo grido “Addosso ai Croati” e i suoi uomini senza pensarci due volte saltano addosso ai militari di guardia facendoli tutti prigionieri e segregandoli all’interno di un’imbarcazione. Nelle sue “Memorie” Garibaldi scrive a conferma che “rimasero gli uomini di quella guardia stupiti dall’improvviso nostro apparire (…). Fu l’affare d’un momento, ed entrammo, quindi nel paese rimasimo padroni”. Prendere Cesenatico per l’abile condottiero fu insomma cosa facile.

Il piccolo esercito viene quindi organizzato in due gruppi; il primo, con a capo Garibaldi, si occupa di organizzare l’imbarco mentre il secondo, con a capo il colonnello Forbes, si occupa di controllare gli ingressi cittadini con un astuto piano. “Nascosi due soldati in imboscata sopra ogni strada che conduceva alla città, a 20 o 50 passi più lontano che le sentinelle avanzate, con ordine ad essi di lasciar passare chiunque si recasse verso la città, ma niuno sortire né ritornare in fuori” (Ugo Forbes, Compendio del volontario patriottico). In sostanza, entrati a Cesenatico, i soldati garibaldini si organizzarono a coppie di sentinelle, nascoste, più interne rispetto alle ignare sentinelle austriache, e si preoccupavano di bloccare solo chi tentasse di uscire dalla città, col rischio che magari fosse a conoscenza dell’arrivo di Garibaldi. Prosegue infatti Forbes: “Per tale modo la presenza di Garibaldi in Cesenatico fu mantenuta occulta agli Austriaci per undici ore intiere mentre questi vi si trovavano vicinissimi ed in forza imponente”.

Giunge quindi il momento dell’imbarco ed è interessante scorrere i nomi dell’equipaggio dell’imbarcazione di Garibaldi; tutti nomi noti della toponomastica Cesenaticense e non solo. Accompagnano infatti Giuseppe Garibaldi (a cui è dedicatala la via pedonale della sponda di levante sul portocanale nel tratto opposto al municipio), Ciceruacchio (pseudonimo di Angelo Brunetti a cui è dedicata la piazza dove termina via G.Garibaldi) coi suoi due figli, oltre ad Anita Garibaldi (a cui è dedicato proprio il viale che prosegue da piazza Ciceruacchio), il religioso barnabita nonché patriota Ugo Bassi (pseudonimo di Giuseppe Bassi, a cui è dedicato il piazzale di fronte alla stazione), l’ufficiale Livraghi e pochi altri soldati.

C’è infine spazio, nelle “Memorie” di Garibaldi, per uno slancio quasi poetico nel raccontare l’inizio della fine. Nelle ultime ore buie della notte, mentre sono in viaggio verso Venezia, la luna lo tradisce; grande e luminosa in cielo probabilmente aiuta la piccola flotta austriaca a individuare i pescherecci da lontano. Le parole del grande condottiero sono un misto di malinconia e di ammirazione verso questo piccolo globo lucente e meritano la chiusura dell’articolo: “La notte pure si presentò bellissima. Era plenilunio, ed io vidi alzare, con un senso dispiacevole, la compagna dei naviganti, ch’io avevo contemplato tante volte col culto d’un adoratore! Bella, come non l’avevo veduta mai; ma per noi sventuratamente troppo bella! E la luna ci fu fatale in quella notte!”.

Fine

Alessandro Mazza

Alessandro Mazza

Mi piace farmi gli affaracci vostri!

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