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Non avete mai fatto uno straccio di corso base di fotografia ma vi cullate per qualche manciata di mi piace a una foto oggettivamente orrenda? “Queste immagini suscitano emozioni”, “Uno scatto veramente azzeccato”, “Grazie per questa bellissima foto”. Tutte cazzate. Quella cosa che avete ritratto col vostro cellulare che non fa miracoli e che avete passato nei filtri, che provano a fare miracoli, non cambia la carte in tavola. Non avete uno straccio di senso estetico, il vostro occhio non conosce l’estetica delle forme e della luce. A meno che non siate i 1%er, cioè dei talenti innati alla Mozart (ma anche lui è stato bocciato al Conservatorio a Bologna).

Nessuna paura, ecco alcuni esempi per rifarvi gli occhi. No nudi, ma opere di bene.

Credo che Vivian Maier, o come si scrive (se avete visto il documentario sapete di cosa parlo), sia un condensato alchemico di perfezione, genialità, pazzia e azzeccatissimo occhio estetico. Ogni immagine è potente e con una luce che suscita una sola domanda: «Ma allora oggi non è stato inventato nulla?». Indispensabile.

 

Ok questo è un altro libro perfetto. Come se fosse una delle storie brevi di Bukowski in cui ogni capitolo è a sé, ma con una medesima anima o penna. Depardon racconta per la Magnum come l’industria ha trasformato Glasgow e lo fa con immagini di reportage, di streetphoto in un racconto ad immagini avvincente in cui il 28mm e il colore hanno una parte molto molto importante.

Mirella è ciò che dice di essere: una storia di amore e Alzheimer. Preparatevi perché è un libro che si ama e si odia. Un noir che speri finisca bene nonostante il titolo, nonostante il soggetto, nonostante tutta la buona volontà. Un libro che è un’antologia del bianco e nero, del sentimento, delle inquadrature, della costanza. Fausto Podavini si merita tutti i premi che ha vinto e quelli che vincerà. Fiero e commovente.

 

Questa è la cronaca di una vita cruda. Finita l’ultima pagina si ha la sensazione di aver letto un manuale di pugilato applicato: “Den den den sul ring sale Don McCullin e lo sfidante è la vita. O la morte”. Ha tutti i connotati, visto che di pugni si parla, del film avvincente con un finale crudo. Difficile racchiudere in poche righe la biografia del fotoreporter di guerra per eccellenza. Colui che si è buttato in mezzo ai peggio diavoli incazzati per immortalarli e tornare per raccontare con le sue immagini ciò che ha visto e che si è impresso in pellicola. E nella sua mente.

Alessandro Mazza

Alessandro Mazza

Mi piace farmi gli affaracci vostri!

2 Comments

  • Zeinab ha detto:

    Avrei messo sul gradino anche Robert Capa, fotografo sul campo di battaglia dove in Indocina ci ha lasciato le penne calpestando una mina. Le sue audaci e veritiere testimonianze di città bordate, vite spezzate e disperazione si fondono con attimi, seppur brevi, di intensa dolcezza. Le sue foto sono state un mezzo di comunicazione universale, forse non tutte eccezionali, ma riescono a trasmettere appieno lo stato d’animo che egli ha impresso.
    Magari alla prossima puntata!

  • Zeinab ha detto:

    Avrei messo sul gradino anche Robert Capa, fotografo e giornalista sul campo di battaglia che in Indocina ci ha lasciato le penne calpestando una mina, concludendo così il suo ruolo di testimone. La sua è una testimonianza di città bombardate, di vite distrutte, di effetti della guerra sui soldati, che si fonde con immagini , seppur poche, di intensa dolcezza. Il suo lavoro è stato una testimonianza universale di guerra ma anche di pace.
    Magari alla prossima puntata!

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