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Quando sulla sua pagina facebook, durante la diretta streaming del rosario di mezzanotte, è comparso quel messaggio che l’accusava di “atti gravissimi”, Don Mirco Bianchi ha dovuto ammettere a se stesso che, per arginare le oscene menzogne degli haters, a volte, la preghiera non basta. E così, dopo aver pazientemente incassato insulti ed offese, la mattina successiva, il parroco di Villamarina – con le stampe degli screenshot sottobraccio – si è recato alla Polizia Postale di Forlì per sporgere regolare denuncia.
Del resto, sulla sua pagina social, le molestie blasfeme sono ormai diventate una squallida costante, tanto che – già in passato – il sacerdote aveva pubblicamente esternato le sue preoccupazioni, puntando l’indice contro gli hackers satanisti, ovvero quegli adepti del maligno che, ogni notte, si divertono ad imbrattare la chat del suo rosario con bestemmie, offese sacrileghe e minacce seriali alla sua persona. Troppo anche per chi, per editto divino, dovrebbe sempre porgere l’altra guancia.

C’è chi, per sminuire la gravità della situazione, parla di provocazioni e di burle demenziali, ma all’ipotesi dello scherzo goliardico Don Mirco non crede più. Dopo mesi di violenze verbali ed umiliazioni, si è convinto che, dietro a quei messaggi profanatori si nasconda un’organizzazione demoniaca che, quando non riesce ad oscurargli le dirette dei rosari, si gioca la carta dell’intimidazione per obbligarlo a sospendere, una volta per tutte, quelle novene che, ogni notte, riuniscono in preghiera davanti ai monitor di tablet, smartphone e pc diverse migliaia di fedeli.
Una preoccupazione che nei giorni scorsi Don Mirco ha condiviso, durante l’ora di catechismo, anche con alcuni bambini di Villamarina: “Ragazzi – ha detto – dite una preghiera per il vostro parroco che, ogni giorno, è vittima di minacce”. Una richiesta che spiega la costernazione, sempre più profonda, di un servo della Chiesa che, nella generosità del suo percorso eucaristico, ha incontrato qualche imbecille di troppo o, come lui stesso dice, il diavolo in persona. E allora, stop agli anatemi. Nell’era del digitale al maligno si risponde con le querele.

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