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“Pantani mi ha dato, ma Pantani mi ha anche tolto”. Così Fabiano Fontanelli – storico gregario di Pantani, 37 vittorie in quindici anni di carriera – in un’intervista esclusiva pubblicata dal sito inbici.net. Un’intervista nel quale il 53enne faentino ripercorre la sua carriera, dagli anni d’oro del Pirata al morbo di Parkinson (“Il mio Mortirolo”) fino alla salute ritrovata grazie all’operazione alla quale si è sottoposto lo scorso anno al “Bellaria” di Bologna. In questo momento, però – si legge nell’articolo di Inbici – Fontanelli se la deve vedere con un paio di ernie dolorose “che – dice lui – mi hanno costretto a rinunciare alla bicicletta da almeno un mesetto”.
Fabiano, ernie a parte, come sta?
“Dopo l’operazione le mie condizioni di salute sono molto migliorate. Ora il morbo è sotto controllo e vedo il futuro con ottimismo, peccato per queste maledette ernie…”.
Suvvia, in fondo la stagione degli amatori sta iniziando solo adesso…
“Infatti non vorrei mancare alla Gran Fondo del mio amico Cassani. Ho ancora un mesetto di tempo per rimettermi in sella. Non sarà facile, ma resto fiducioso…”.
La sua bici elettrica potrebbe darle una mano…

“Pensi che qualcuno mi ha persino preso in giro per averla acquistata. La verità è che io le gambe buone per pedalare ce l’ho ancora, è solo che, dopo quindici anni di professionismo, mi sono un po’ stancato di fare fatica. E allora con la mia e-bike mi tolgo la voglia di uscire in bici e, nello stesso tempo, non torno a casa in coma”.
Tra gli amatori, invece, è nata una nuova corsa: le Strade Bianche di Romagna. Segno di un ciclismo che cambia e che, grazie ai nuovi modelli gravel, sembra tornare agli sterrati di un tempo…
“Trovo sia una variante molto divertente e, nello stesso tempo, anche spettacolare da vedere. E poi, correndo sugli sterrati, si resta lontano dai pericoli della strada…”.
Come vede questo annoso problema della sicurezza?
“E’ un problema culturale perché l’automobilista italiano è molto diverso, ad esempio, da quello belga che, quando si trova davanti dei ciclisti, rallenta e dà sempre la precedenza. Da noi le cose vanno in modo differente. C’è chi punta l’indice contro gli amatori accusandoli di creare pericolosi assembramenti sulla carreggiata ma – vi chiedo – cento corridori potranno mai disporsi tutti in fila indiana? A me non piacciono le difese d’ufficio, ma sinceramente, sulle strade italiane, ci vorrebbe maggior senso civico”.
E’ iniziata anche la stagione dei professionisti. Segue ancora quel mondo?
“Per la verità non tanto. Se in tv c’è una bella gara la guardo molto volentieri ma, se sono fuori, non torno a casa per vedere il ciclismo…”.
Ci siamo appena lasciati alle spalle il solito tourbillon di celebrazioni per la morte di Pantani. Tanti ricordi sinceri, ma anche tanta retorica, non trova?
“Rispondo così: vai avanti te che mi viene da ridere… ho reso l’idea?”.
Si riferisce ai tanti personaggi che, ancora oggi, si ostinano a dare un parere senza sapere come andarono realmente le cose?
“Io dico solo una cosa: alla Mercatone Uno ho fatto sei anni. Due buoni, gli altri quattro lasciamo perdere…”.
Lei, grazie anche a Pantani, ha sicuramente guadagnato tanti soldi, ma ha anche dovuto rinunciare a tante soddisfazioni personali. Secondo tanti osservatori dell’epoca, lei aveva nelle gambe una Roubaix, una Liegi o un Fiandre…
“Pantani ci ha dato e Pantani ci ha tolto. E’ vero, avrei potuto vincere di più perché nelle grandi classiche me la cavavo bene e, forse, con un po’ di fortuna, qualche soddisfazioni me la sarei potuta togliere, ma alla fine la mia dimensione di corridore non sarebbe cambiata granché. Per cui, senza rimpianti e senza recriminazioni, dico che oggi sono contento delle scelte che ho fatto”.

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