
Con il fermo pesca nell’alto Adriatico, infatti, il pesce in commercio o proviene dall’estero o è congelato, oppure – e queste sono le opzioni che garantiscono maggiormente i consumatori – proviene dalle altre zone d’Italia dove non è in atto il blocco, dagli allevamenti nazionali o dalla seppur limitata produzione locale dovuta alle barche delle piccola pesca che possono ugualmente operare. “Al fine di tutelare le flotte locali e il pescato a km zero tanto richiesto dai consumatori – afferma Coldiretti Forlì-Cesena – sarebbe opportuno rivedere il provvedimento, iniziando magari a differenziare il blocco delle attività a seconda delle caratteristiche delle specie, facendo attenzione ai periodi di deposizione delle uova, e consentendo alle imprese ittiche di scegliere ciascuna quando fermarsi in un periodo compreso tra l’1 luglio e il 30 ottobre”.
Una proposta, quella di Coldiretti, che trova d’accordo Fabio Lacchini, Presidente della Cooperativa Armatori della Pesca di Cesenatico: “In questi anni in cui il fermo pesca è stato in vigore il mare è cambiato e con esso le imbarcazioni, ma non abbiamo visto aumentare il pesce, né in quantità, né di taglia, e questo non fa che confermare la necessità di mettere mano ad un provvedimento a nostro avviso obsoleto”. Il Presidente della Coop Pescatori di Cesenatico riconosce al fermo pesca “un’efficacia limitata solo ad alcune tipologie di pesce, ma non certo al nostro pesce azzurro che depone le uova in periodi non coperti dal blocco”. In un Paese come l’Italia che importa durante l’anno più di 2 pesci su 3, i pescatori ritengono “sì necessario il fermo, ma solo se fatto nei giusti modi e tempi, perché solo così si potrà garantire al consumatori di effettuare acquisti di qualità al giusto prezzo”.

