fbpx

Settanta anni. Sono passati settanta anni da quando il campo di prigionia a ridosso dell’attuale via Cesenatico è stato smantellato. Gli alleati ne avevano dispiegati 16 lungo le coste romagnole – da Cervia a Igea Marina e in quello di Cesenatico vi erano rinchiusi circa 12mila prigionieri tra soldati tedeschi e soldati di altre nazioni che combattevano al loro fianco. Tra questi c’erano anche italiani dell’esercito Rsi (Repubblica sociale italiana).

archivio Cortesi

Per capire meglio la grandezza del campo di prigionia è utile fare un confrontare in cifre. 12mila prigionieri sono in numeri poco meno della metà della popolazione di Cesenatico di oggi che si attesta sui 25.700 abitanti.

L’area oggi (archivio Cortesi)

Tra questi c’era anche un ragazzo, di 19 anni, italiano, finito dietro quei chilometri di filo spinato. Era caporale maggiore della divisione Monterosa. La sua presenza è stata testimoniata dai ricercatori guidati da Valter Cortesi che alcune settimane fa hanno rinvenuto nell’area dell’ex campo di prigionia la piastrina del soldato di, vale la pena ricordarlo, appena 19 anni.

la piastrina del caporale maggiore (archivio Cortesi)

Il ricercatore è riuscito a contattare la famiglia per approfondire le sue indagini e ha trovato risposte e ulteriore materiale. La parte più toccante è una lettera che il soldato ha spedito al padre e alla madre il 7 luglio del 1945 proprio da Cesenatico. Una lettera scritta con tutto il sentimento e il rispetto di chi si rivolge a qualcuno di estremamente caro e unico. Quelle righe scritte con calligrafia impeccabile sono pregne di speranza e nostalgia.

La lettera del Caporale maggiore (archivio Cortesi)

«… Mi raccomando non abbiate timori per me e attendete il mio ritorno serenamente…» si legge nel documento. Frasi che testimoniano un clima tutto sommato disteso, ma il tanto atteso ritorno in famiglia non c’è stato e del caporale maggiore C. si sono perse le tracce. Gli esperti del settore escludono una fuga o una ritorsione alleata. La storia in questa fetta di terra e di vita si tinge di giallo da cui sono emersi nuovi dettagli grazie al lavoro certosino di Cortesi.

archivio Cortesi

E proprio dall’archivio di Cortesi riaffiorano alcune foto del campo di prigionia. Materiale di documentazione privo di connotazioni ideologiche che testimoniano anche la giovane età dei tanti soldati mandati a difendere, armi in spalla, un fronte in terra straniera.

archivio Cortesi

Nelle foto ci sono anche donne e bambini. Gli esperti spiegano che erano al seguito dei mariti di etnia rumena che si spostavano anche sul fronte con le mogli e i figli. Inoltre una volta catturati i soldati/prigionieri venivano spogliati dei simboli nazisti e le loro piastrine sostituite con altre “medagliette” identificative.

archivio Cortesi

Nel campo di prigionia di Cesenatico venivano portati soprattutto feriti vista l’immediata prossimità con l’ospedale della città che era situato dove oggi c’è il Museo della Marineria. Nulla o poco sembrava lasciato al caso. Per le operazioni più importanti, i feriti erano portati all’ospedale di Cesena, struttura che sulle mappe era rappresentata con il simbolo di una sega. Eloquente e poco rassicurante.

archivio Cortesi

Il campo di prigionia di Cesenatico è nato come campo di primo soccorso diventato poi campo di transito dal 1946 fino al 1947 quando è stato smantellato.

Alessandro Mazza

Alessandro Mazza

Mi piace farmi gli affaracci vostri!

Inviando questo modulo acconsenti al trattamento dei dati secondo le vigenti norme di Privacy e diritto di autore. Per maggiori informazioni vai alla pagina Privacy e Cookie.

Leave a Reply