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A Cesenatico – paese di imprenditori facoltosi – la Patrimoniale, ovvero la tassa sul reddito, ha sempre fatto paura. E forse è una delle ragioni venali per cui in questa città, negli ultimi anni, almeno alle elezioni Politiche, la gente non ha più votato a sinistra.

Lo aveva capito molto bene Berlusconi che, a cavallo del millennio, aveva sovvertito più di un pronostico elettorale agitando lo spettro di quel “balzello comunista”.

Comunque la pensiate, nel genoma del Pd, l’idea – per certi aspetti nobile – che i più ricchi debbano aiutare i più poveri non si è mai del tutto estinta. Ce l’ha ricordato ieri Graziano Delrio, capogruppo dem a Montecitorio che, spalleggiato dall’onorevole Fabio Melilli – “in piena sintonia con il partito” – ha lanciato per il 2020-2021 la proposta di una “Covid tax”, ovvero un contributo di solidarietà a carico dei redditi più elevati.

L’idea, per la verità, non ha riscosso grandi consensi ed ha incassato il no “bipartisan” del centrodestra, dei Renziani e persino degli alleati del M5S.

Ora, da ieri sera, con l’attacco a reti unificate del Premier a Salvini e Meloni, la pandemia è tornata prepotentemente sul ring della politica e, non a caso, questa mattina – da Sallusti a Feltri – tutta la stampa di destra (ma, per la verità, anche il Sole24Ore) schiaffa in prima pagina l’incubo della mini-patrimoniale, dando per scontato che i redditi superiori ad 80.000 euro saranno tassati.

Ammesso e non concesso che molti bagnini ed albergatori di Cesenatico denuncino quel reddito, imporre un’imposta di quel tipo – con alle porte la peggiore stagione turistica della nostra storia – mi ricorda tanto quel pianista del Titanic che continuava a pigiare sui tasti mentre lo scafo desolatamente affondava.

Siamo a Pasqua e il mantra francescano dell’aiutare il prossimo è senz’altro attuale ma, diciamo la verità, anche Robin Hood – che rubava ai ricchi per dare ai poveri – si sarebbe fatto qualche scrupolo in più.

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