A pochi giorni dalla riapertura dei negozi, prevista per lunedì prossimo, i commercianti di viale Carducci rilanciano l’appello al “senso di comunità” di tutti i cesenaticensi per tentare di far ripartire, dopo due mesi di stop, l’economia locale. L’invito era già stato diffuso lo scorso 10 marzo, quando nessuno però immaginava che le attività sarebbero rimaste chiuse per così tanto tempo. Due mesi dopo, riparte dunque la campagna di sensibilizzazione a sostegno dei piccoli negozi del territorio: “Sappiamo che certe abitudini sono ormai consolidate – spiegano all’unisono – per cui nessuno si illude che la gente, dall’oggi al domani, rinunci ad amazon o ai centri commerciali. Ma, vista l’eccezionalità del momento, la speranza è che si risvegli in ognuno di noi il senso di comunità e, nell’interesse di tutti, si cominci a fare scelte diverse”.

“Mai come in questo periodo – aggiungono – sarebbe importante che la ricchezza rimanesse nel territorio e non venisse dispersa altrove. Per cui fare acquisti nei piccoli negozi di Cesenatico e dintorni sarebbe il modo più efficace per ridare ossigeno alle nostre attività, aiutandole ad affrontare questa crisi che, per molti, potrebbe rivelarsi letale. Nessuno invoca forme arcaiche di protezionismo ma, oggi più che mai, per continuare a far girare l’economia locale, è importante che quei pochi soldi, quando possibile, restino nei nostri confini. Cesenatico, del resto, dal lungomare al porto canale, offre di tutto: boutique di pelletteria e abbigliamento di qualità e di intimo firmato, bei negozi di articoli per la casa e per lo sport, profumerie storiche, librerie aggiornate, enoteche prestigiose, ferramenta fornitissime e tante altre attività gestite da anni da famiglie del paese. Anche se ormai in tanti se lo sono dimenticato, tutte queste attività formano un grande centro commerciale a cielo aperto dove i clienti sono ancora accolti con un sorriso e salutati con un grazie. Noi – concludono – faremo ovviamente lo stesso, cercando di rivolgerci sempre alle attività di Cesenatico. In questo modo, alimentando questo circolo economico virtuoso, la speranza è che i disastri economici provocati dal coronavirus siano sopportabili e che, al termine di questa emergenza, non si debba contare qualche altra serranda abbassata. Perché un’insegna che si spegne è sempre un pezzo di città che muore”.

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