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Dal 26 aprile, dunque, l’Emilia Romagna – come gran parte dell’Italia – dovrebbe ripartire. Il condizionale è d’obbligo, però, perché una conferma ufficiale la si avrà solo il 23 aprile, quando la cabina di regia del governo si riunirà, come ogni venerdì, per il check generale dei dati regionali e l’assegnazione delle rispettive fasce.

I numeri sono quasi tutti dalla nostra parte perché l’indice Rt è sceso a 0,78, dunque abbondantemente sotto la soglia fatidica dell’1. E’ rientrata nei parametri anche l’incidenza: 181 ogni 100mila abitanti (il limite è 250). Anche la campagna vaccinale procede, tutto sommato, spedita e dunque le cosiddette “fasce fragili” sono, giorno dopo giorno, sempre più in sicurezza.

C’è però un dato – affatto marginale – che preoccupa non poco, quello degli ospedali, la trincea dove si combatte davvero la battaglia contro la pandemia. I reparti Covid si stanno gradualmente svuotando, ma nelle terapie intensive – dove ogni giorno si lotta tra la vita e la morte – i letti occupati sono ancora troppi.

 
 
 
 

Nonostante questo, per il verdetto di venerdì prossimo, in viale Aldo Moro, c’è grande ottimismo, anche se il salto carpiato dal rosso al giallo in quindici giorni viene considerato, in alcuni ambienti sanitari, forse un tantino azzardato.

Ma, come abbiamo capito tutti ormai, le scelte politiche hanno preso il sopravvento rispetto agli algoritmi della sanità e dunque non è ipotizzabile che, dopo il can can comunicativo di questi giorni, l’Emilia Romagna il 26 aprile resti ancora in arancione. Anche se, lo ripetiamo, in linea teorica sarebbe ancora possibile.

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