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L’assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna, nonostante i voti contrari delle opposizioni, ha approvato le due risoluzioni – una a firma M5s ed Emilia-Romagna Coraggiosa e l’altra a firma Pd – che impegnano la giunta a “non consentire passi indietro rispetto alla somministrazione della pillola abortiva Ru486 in day hospital, senza cedere all’ipotesi del ricovero obbligatorio per l’aborto farmacologico”.

Una risoluzione, spiega la pentastellata Silvia Piccinini, che nasce “per contrastare prese di posizione fuori dalla storia e retrograde, come quelle che hanno adottato in regioni come le Marche. Questo è un argomento da affrontare al di fuori di posizioni paternalistiche e patriarcali”.

La dem Roberta Mori ha sottolineato invece che “se i diritti delle donne fossero fatti rispettare in tutto il territorio nazionale, si ridurrebbero gli aborti clandestini e aumenterebbero le pratiche sicure”, mentre per Federico Amato di Emilia-Romagna Coraggiosa, “una delle tante difficoltà della pandemia, per le donne, è stato proprio poter accedere all’interruzione volontaria di gravidanza: alla luce di questo l’aborto farmacologico è ancora più importante”.

 
 
 
 

Il centrodestra ha votato contro. “Temi come questi non possono essere affrontati con una risoluzione o bypassati da linee guida ministeriali – ha detto Simone Pelloni (Lega) – è legittimo che una Regione decida di non applicarle, solo il Parlamento può decidere di modificare una legge”. A rincarare la dose Michele Barcaiuolo (Fratelli d’Italia): “Trovo raccapricciante che si cerchi di trasformare tutto questo in una battaglia di genere. Per me l’aborto non può considerarsi un fatto semplicemente lecito e naturale senza che abbia altre conseguenze. La somministrazione della RU486 in day hospital credo sia un salto indietro nella difesa della salute delle donne”.

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