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Mancano le prove sulla “portata distintiva” del logo ‘Auschwitzland’ e sul fatto che questo possa essere riferibile ad un’organizzazione che nell’attualità persegue finalità di incitazione alla discriminazione.

Per questo il tribunale di Forlì ha assolto Selene Ticchi, a processo per la maglietta con la scritta che rimandava al logo Disney indossata il 28 ottobre 2018, a Predappio, per l’anniversario della Marcia su Roma.

Ticchi è stata assolta dalla violazione della Legge Mancino. La Procura ha fatto ricorso direttamente in Cassazione, sostenendo che invece quello sulla t-shirt è simbolo usuale di gruppi fondati sull’apologia della Shoah.
Ticchi, assistita dall’avvocato Daniele D’Urso, all’epoca era attivista di Forza Nuova, mentre ora è appartenente al Movimento nazionale rete dei patrioti. Originaria di Budrio, in provincia di Bologna, vestì la maglietta nera in quell’occasione a Predappio e venne immortalata da foto e riprese video.
Secondo le motivazioni della sentenza pronunciata dal giudice Marco de Leva il 12 gennaio, il quadro istruttorio nei suoi confronti è gravemente lacunoso: nulla è stato riferito dai testimoni, neppure da quelli di polizia giudiziaria “in ordine alla portata distintiva del segno grafico esibito da Ticchi, alla genesi del logo Auschwitzland, per come ostentato sulla maglietta (rimanendo invece irrilevante la genesi storica della mera espressione lessicale), all’uso che ne viene fatto e al suo grado di diffusione”.

 
 
 
 
 
 
 
 

Il pm Laura Brunelli, che aveva chiesto invece una condanna a nove mesi, ha impugnato in Cassazione. Per la Procura non si può dire che l’immagine dell’ingresso del campo di sterminio di Auschwitz non sia un segno grafico dotato di “portata distintiva” ovvero che non sia nota la sua portata simbolica e la sua diffusività. Bisogna poi tenere conto del contesto e della valenza simbolica della ricorrenza della marcia su Roma a Predappio, “che consente, con maggior vigore, di attribuire a quel simbolo la forza di ‘simbolo usuale’ di gruppi nazifascisti fondati sull’odio razziale e sull’apologia della Shoah”.

 
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