Due mondi agli antipodi, eppure intrecciati nella stessa epoca dorata. Da un lato, la Dolce Vita con i suoi salotti mondani, i “vitelloni” romagnoli e i grandi nomi della musica italiana. Dall’altro, l’ombra del contrabbando delle sigarette, il brivido del gioco d’azzardo e l’eco di sparatorie.
Questa era la Cesenatico degli anni ’50, ’60 e ’70: un palcoscenico fatto di luci e ombre, raccontato da due protagonisti d’eccezione. Adriano Farabegoli, padre putativo della mitica Nuit e storico co-gestore de Il Grottino, e Epaminonda Foschi, per tutti “Nondo”, presenza fissa nei locali del tempo e simbolo di un’era spensierata e vibrante, tra entusiasmo travolgente e pura goliardia.
Proprio in questi anni, Cesenatico si accendeva di ritmo e divertimento, con una ventina di locali da ballo pronti a far vibrare le notti sulla costa. Dal bagno Levante, al Ferrara, fino al bagno Emilia. e ancora: Il Medusa (viale Roma), La Caravella (Palazzo del Turismo), Calipso (viale Saffi), La Capannina Verde (viale Zara), La Perla (Kamikaze), La Nuit, Il Peccato Veniale, Hotel Lido, Hotel Britannia, Whisky à Go go (viale Carducci), Il Paradiso (Valverde), Apollo (Valverde), Il Lanternino (zona molo), El Pulque (zona Santa Teresa), La Ragnatela (zona Santa Teresa), dancing Al Deserto (via Caboto), Shaker (zona colonie), bagno Florida, Kiss Kiss, dancing Arcobaleno (Cannucceto), circolo Pri (Borella).
“Quando iniziai a lavorare alla Nuit avevo 19 anni. Erano i primi anni ’60 ed era il salotto più mondano della riviera romagnola. Un sogno, diventato realtà grazie all’intraprendenza di Enzo Zennaro, grande manager, che lo gestì fino agli anni ’80. Ricordo i Mattiné per piccini, dove i giovanissimi erano accompagnati dalle mamme o dalle nonne elegantissime, una novità in assoluto”, ricorda Adriano Farabegoli.
Poi esplose il fenomeno del Mattinée “Piper” con Patty Pravo. Era il 1965 e l’aria sapeva di rivoluzione: minigonne audaci, capelli lunghi, calzoni a zampa d’elefante e, soprattutto, una colonna sonora completamente nuova. La moda cambiava, la musica infiammava i cuori e Cesenatico si faceva teatro di una gioventù che non voleva più restare nell’ombra. “Il nostro motto era ‘Tutti alla Nuit’, il posto dove accadevano le cose. E dove bisognava esserci. In quel periodo le notti in Riviera avevano un significato se eri in questo locale. Luci soffuse e musica soft – continua il racconto di Farabegoli – Così alla Nuit arrivavano nomi come L’Equipe 84, i Rokes, Dik Dik, Pooh, Nomadi, New Trolls, Lucio Dalla, Claudio Baglioni, Mina, Emilio Pericoli, Orietta Berti, Mal dei Primitives, Mia Martini, Quartetto Cetra, Riccardo Fogli, Bobby Solo, Gianni Morandi, Raffaella Carrà, Bruno Lauzi, Lucio Battisti. E Ornella Vanoni e Gino Paoli, che proprio alla Nuit iniziarono ad amoreggiare. Aprivamo la stagione con il concerto di Mina. Poi tante feste: la festa Messicana, Brasiliana, le selezioni di Miss Italia, bagno contro bagno, vela contro vela e tante altre”.

Nella foto lo staff della Nuit
Ed era proprio lo staff del locale che, di giorno, andava a reclutare i clienti, poi la sera si lavorava: “Ci svegliavamo intorno alle 10 e andavamo negli stabilimenti balneari, nei ristoranti e negli hotel a proporre le nostre serate – racconta Adriano Farabegoli – Eravamo percentualisti, quindi, in base all’incasso, guadagnavamo. E non era facile neanche allora. Le serate non finivano mai senza una telefonata di lamentela per la musica alta”.
Poi arrivarono gli anni ’70: il tempo dell’austerità e delle domeniche senza auto. “Da allora, i momenti duri sono stati tanti. Stringevamo i denti e andando avanti anche nei momenti difficili come il 1973, anno particolarmente duro per i locali. Infatti dovevamo fare i conti con le ferree regole dettate dalla prima grande crisi petrolifera. Erano tempi dell’austerità, delle domeniche senz’auto. Il locale doveva chiudere a mezzanotte in punto, si iniziava a ballare alle 20. Per resistere e far venire gente ci inventammo il trasporto gratuito del pullman e il cabaret”.
“E così ogni volta che viene aperto un nuovo locale, mi ritorna in mente il direttore-manager Enzo Zennaro, che sempre ci diceva: ‘Ragazzi, per far lavorare questo locale, quel che conta è la buona musica, cercare sempre i complessi migliori e restare informati sulle attrazioni del momento. Non dobbiamo stancarci di tenerci informati e aggiornati; e vedere sempre quel che succede e quel che funziona anche fuori dall’Italia’”.
E così la Nuit, insieme alla Bussola di Viareggio, divenne il locale più ricercato d’Italia.
I turisti che arrivavano a Cesenatico erano milanesi, tedeschi e olandesi e la stagione partiva da fine giugno fino all’ultima domenica di agosto: “Un po’ come oggi e anche all’epoca riuscimmo ad allungare la stagione fino a settembre con miglioramenti rivolti all’accoglienza, al portare moltissimi turisti che affollavano la Riviera. Un plauso va agli abitué di quel tempo che noi scherzosamente chiamavamo “vitelloni”. Attualmente avverto un po’ di amarezza dei molti frequentatori che hanno perso un punto di riferimento e di ritrovo e divertimento estivo – continua il racconto di Farabegoli – Certo, che quegli anni magici sono irripetibili”.

Se da un lato c’era la movida e il divertimento che accendeva la notte, dall’altro si stendeva un’ombra più fosca. Tra gli anni ’50 e ’60, lungo le dune di Valverde, il centro di Cesenatico, fino a Pinarella, il mare non era solo teatro di pesca e turismo, ma anche di traffici un po’ più rischiosi. Motoscafi veloci solcavano l’Adriatico dall’Istria, con sigarette di contrabbando, in una danza clandestina tra onde e luci spente.
Ma non solo: “Nei primi anni ’70 mi proposero di co-gestire Il Grottino d’inverno, mentre d’estate continuavo a lavorare alla Nuit”, racconta Farabegoli.
Il locale divenne un punto di ritrovo per chi amava il biliardo, ma attorno al verde del tavolo si muoveva un mondo più sfuggente. Poker, concia, 30-40: il gioco d’azzardo era di casa e, per alcuni, non era solo un passatempo. C’era chi puntava lo stipendio di un mese (50 mila lire) e chi metteva sul piatto molto di più: appartamenti, hotel, interi patrimoni cambiavano di mano in partite giocate in silenzio, tra l’odore di sigari e bicchieri mai pieni. Anche se le sfide più danarose si consumavano in case private, lontano da occhi indiscreti.
Regolamenti di conti, diverbi accesi, bicchieri che si svuotavano troppo in fretta… e in certe notti, il confine tra il gioco e la resa dei conti si faceva sottile come il fumo che aleggiava nell’aria.