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Il lockdown? Illegittimo. Non è la boutade opinabile di qualche “leone da tastiera”, ma la clamorosa sentenza emanata dal Giudice di Pace di Frosinone che mette così “nero su bianco” una delle prime bocciature allo “stato di emergenza” del Governo Conte, stabilendo l’illegittimità dei Dpcm emanati tra marzo e aprile che imponevano ai cittadini il divieto di entrata e uscita dai territori salvo che per gli spostamenti motivati.

Con la sentenza n. 516 del 15 luglio scorso depositata il 29 luglio, il giudice di Pace di Frosinone ha dunque accolto il ricorso di una cittadina contro la sanzione amministrativa comminatele dalla polizia stradale per aver violato il divieto di spostamento.

Come riporta oggi il Sole 24 Ore, il giudice in prima battuta ha bocciato la dichiarazione dello stato di emergenza perché – codice alla mano – violerebbe gli articoli 95 e 78 della Costituzione. Illegittima l’ordinanza e illegittimi, di conseguenza, i Dpcm emanati da Conte, almeno secondo quanto scrive il giudice di Pace di Frosinone. Il quale richiama la giurisprudenza costituzionale per motivare il fatto che i Dpcm sono atti amministrativi e dunque annullabili da un giudice ordinario senza che questi sia obbligato a inviarli al giudizio della Corte costituzionale.

Sulle restrizioni e sull’obbligo di restare chiusi in casa, poi, la bocciatura è a tutto tondo. Secondo la sentenza di Frosinone il divieto di spostamento se non per comprovate esigenze configura “un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare”. Obbligo che nel nostro ordinamento giuridico penalistico è previsto solo come sanzione penale restrittiva della libertà personale. Anche in questo caso, per il giudice di Pace di Frosinone il Dpcm sarebbe in contrasto con l’articolo 13 della Costituzione secondo cui le misure restrittive della libertà personale possono essere adottate solo su motivato atto dell’autorità giudiziaria. E richiamando ancora la giurisprudenza della Corte costituzionale, il giudice di Frosinone ricorda che la libertà di circolazione riguarda i limiti di accesso a determinati luoghi, come ad esempio, il divieto di accedere ad alcune zone circoscritte in quanto infette, “ma giammai può comportare un obbligo di permanenza domiciliare” (Corte Costituzionale, n. 68 del 1964).

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