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“Le piattaforme in Adriatico inquinano oltre i limiti di legge”. Questo in estrema sintesi il risultato del nuovo rapporto “Trivele fuorilegge” realizzato da Greenpeace.

Mappa piattaforme

“Sostanze chimiche pericolose, con un forte impatto sull’ambiente e sugli esseri viventi, si ritrovano abitualmente nei sedimenti e nelle cozze che vivono vicino le piattaforme offshore in Adriatico. Spesso in concetrazioni al di sopra dei limiti previsti per legge – si legge nel rapporto – Per la prima volta, vengono resi pubblici i dati ministeriali relativi all’inquinamento generato da oltre trenta trivelle operanti nei nostri mari”.

piattaformeLe concentrazioni di queste sostanze sono, in oltre il 70% dei casi, oltre i limiti di legge. “I dati mostrano una grave contaminazione da idrocarburi policiclici aromatici e metalli pesanti, molte di queste sostanze sono in grado di risalire la catena alimentare fino a raggiungere gli esseri umani. Nei pressi delle piattaforme monitorate si trovano abitualmente sostanze associate a numerose patologie gravi, tra cui il cancro”.

Greenpeace ha chiesto al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, tramite istanza pubblica di accesso agli atti, di ottenere i dati di monitoraggio delle piattaforme presenti nei mari italiani. “Il Ministero ci ha fornito soltanto i dati di monitoraggio di 34 impianti (di cui 29 si trovano proprio a largo delle coste romagnole), relativi agli anni 2012-2014, dislocati davanti alle coste di Emilia Romagna, Marche e Abruzzo. Delle altre 100 e più piattaforme operanti nei nostri mari, non ci è stato fornito alcun dato. Delle due, l’una o l’altra: o il Ministero non dispone di informazioni in merito (e dunque questi impianti operano senza essere monitorati) oppure lo stesso Ministero ha deciso di non farci accedere a tutta la documentazione in suo possesso”, spiega Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace.

Poi un’ulteriore denuncia: “I monitoraggi sono stati eseguiti dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), un istituto di ricerca pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero dell’Ambiente su committenza di Eni, proprietaria delle piattaforme oggetto di indagine – continua Greenpeace – In pratica, l’organo istituzionale (ISPRA) chiamato a valutare i risultati del monitoraggio sul mare che circonda le piattaforme offshore, opera su committenza della società che possiede le piattaforme oggetto d’indagine (ENI) cosicché il controllore è a libro paga del controllato”.

Anna Budini

Anna Budini

Anna Budini scopre il mondo del giornalismo nel 2004 nella redazione de La Voce di Romagna. Ha poi l'occasione di passare ai settimanali nazionali, inizia così a scrivere per Visto, ma nonostante la firma sul nazionale, scopre che la sua grande passione è la cronaca locale. Dal 2016 ha iniziato a scrivere per il Corriere della Sera di Bologna.

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