Undici righe. Tanto basta al maestro della parola Alberto Monti, gioielliere di lungo corso, per rispolverar un ricordo ancora vivo. Tanto gli basta per rievocare un turbinio di esperienze intrecciate come una matassa che con le sue parole prende un suo corso, un suo ordine, una sua poesia.
Leggendo sembra di assistere all’esibizione dei protagonisti mentre sono in scena in un teatro senza sedie, dove non ci sono sipario e pubblico ad ammirarla in quanto frutto della quotidianità del caso.
La vicenda affonda le radici in un giorno qualsiasi nel dopo guerra e Monti lo racconta con la sua aria da signore di altri tempi. Pacato e mai invadente, con la sua borsa nera a tracolla tenuta a debita distanza dal papillon, il suo tratto distintivo. Quasi una piccola uniforme di signorilità.
Ma si fa serio quando mostra la necessità che le sue righe non vadano dimenticate o confuse con altri frutti della sua sterminata produzione letteraria. Infatti il componimento che riporteremo è l’859esimo. Monti lo estrae da una busta di plastica trasparente e lo mostra insieme a un piccolo quadro incorniciato. All’interno è raffigurato un mulino e si accompagna con una piccola moneta straniera.
Immagini che prendono forma e significato in undici righe, quelle di Ebrea Holandese
Questo dono di amicizia è stato regalato da una signora di nazionalità
Olandese, ebrea sopravvissuta in un campo di concentramento con il
numero inciso nel braccio T. Rookhuylen Speykstr 97 Amsterdam Holand
Per farsi scusare di una frase di rabbia: “Vorrei bruciare tutti i tedeschi”.
Rivolgendosi a mia moglie che la serviva in gioielleria mentre io da altro
angolo del banco servivo un cliente tedesco arrivato dopo di lei.
Mia moglie nata a Praga, ma di nazionalità tedesca Catarjna Mach
ha risposto in olandese: “Allora puoi cominciare da me”.
Rispose: “Ma no tu sei gentile ti pensavo olandese”.
Il giorno dopo ha portato un omaggio per scusarsi del suo parlare
involontario ma capissimo.
