Quanto ancora si può far finta di nulla? E’ fine gennaio, Renzo ha appena compiuto 66 anni, è originario di Montemaggiore di Predappio, ma per lui è stato un giorno come gli altri: non esistono week end, Natale o Pasqua per chi è tra “l’incudine e il martello”, in quel limbo fatto di paradossi e povertà. Renzo è un esodato e ormai si è arreso al nemico: la burocrazia e la noncuranza.
Ha trovato casa in una delle migliaia di stanze delle colonie di ponente che cura e tiene pulita come il suo aspetto, difficilmente lo si potrà vedere con la barba di giorni. “Bisogna sempre tenere puliti dove si mangia e si dorme” ha detto con voce chiara mentre raccoglie l’acqua piovana da una piscina abbandonata, “mi serve – spiega – come scarico dell’acqua in bagno”.
La porta della sua stanza è chiusa con il lucchetto, uno di quelli per le biciclette perché più volte ha subìto furti. “Mi hanno rubato vestiti, soldi non ce ne sono… ho messo un cartello adesso dove dico che vadano a rubare da un’altra parte qui ci sono solo coperte. Da allora non è più entrato nessuno”. E in caso di ospiti indesiderati, l’accoglienza la dà un bastone ricavato dal manico di un badile.
Ora la sua vita è in quella fredda camera con il letto matrimoniale e un cumulo di coperte per ripararsi dal gelo, negli armadi non mancano i cappotti e vicino alla finestra una bombola del gas scarica. Luce e riscaldamento non pervenuti.
Ha lavorato una vita come imprenditore edile, ma con la crisi ha dovuto chiudere: “La Fornero mi ha tirato via un anno e tre mesi di pensione e da due anni abito qui. Non faccio obiezione però mi ha fregato bene. Un tempo – racconta – avevo le tasche piene di soldi, ho avuto anche il Mercedes. Poi ho dovuto vendere la casa per pagare i debiti, come auto avevo una Lancia Y che mi hanno rubato dalle parti di Ravenna. Girando ho scelto di fermarmi qui a Cesenatico”.
La sua giornata inizia all’alba e finisce alle 20 circa quando va a letto. “Due volte al giorno faccio un’ora di bicicletta passando per Borella, Sala e Villamarina, devo passare il tempo per fare sera così mi tengo anche un po’ in moto”. Parte della giornata Renzo la passa in stazione, seduto in sala d’aspetto per ripararsi dal freddo diurno e quando gli agenti della Polfer scandiscono alla centrale le sue generalità scoprono che il giorno precedente è stato il suo compleanno.
Ora Renzo sopravvive con circa 300 euro al mese che racimola facendo qualche lavoretto come giardiniere, ma anche qui la sfortuna non manca: “Ho lavorato un mese e una settimana in un cantiere, ma non mi hanno pagato, così ho perso i lavori che facevo in città mettendo a posto le siepi”. Per il cibo si appoggia alle suore e per farsi una doccia calda deve andare fino a Cervia alla Mensa Amica; è inevitabile chiedergli se ha seguito il dibattito sui profughi. “C’è qualcosa che non va. Io ho lavorato una vita e devo stare qui in una colonia abbandonata e non riesco a prendere la mia pensione. Sono 1200 euro al mese, con quelli potrei ripartire, stare bene, affittare un appartamento e invece sono qui al freddo e c’è chi ha una stanza d’albergo pagata, cibo caldo e un letto comodo e riparato. Qualcuno si dovrebbe chiedere se è normale”.
Abbiamo trascorso una notte in una di quelle stanze per testimoniare le condizioni di chi ci abita: basti pensare che due paia di pantaloni, due paia di calzini, tre maglioni di lana, un giubbotto e un sacco a pelo non bastano a tenere lontane le lingue di gelo che trovano facile varco nelle finestre spesse come carta velina. Quando ci sono. Alle otto è buio pesto, non ci sono luci, non ci sono rumori, si sente solo il mare e nonostante il posto sia angusto in quella fetta di colonia l’unica cosa da temere seriamente è il freddo; in quella notte le temperature sono oscillate tra il -2 e l’1.
Alle 6 circa la sveglia è gentilmente offerta dagli stormi di gabbiani, impossibile non svegliarsi; Renzo è già in piedi. “Ad aprile – ha detto – dovrei prendere la pensione, ma sono senza fissa dimora e non so come fare. L’unica richiesta che ho è quella di un tetto, di un riparo fino ad aprile perché se sono vivo è solo perché sono forte dentro e fuori”.
Non è solo una questione di servizi sociali o di politica. È una questione umana. Qual è il parametro per una vita dignitosa? E’ un diritto di tutti? Da oggi non è più un mistero e da oggi non si può più far finta di non sapere.
C’è qualcosa che non va? Direi che la risposta è scontata !!! Purtroppo di casi simili e paradossali ce ne sono troppi e le domande rimangono senza risposta da parte delle autorità e dalle istituzioni che dovrebbero fare in modo che cose del genere non avvengano. Spero che questo articolo venga letto da qualcuno ( con riferimento al cittadino ) che possa concretamente fare qualcosa di buono per quest’uomo e magari offrirgli un tetto ed un riscaldamento fino a quando non avrà anche lui diritto alla sua pensione, in fondo Aprile non è lontano !