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a cura di Gianni Briganti

Gianni Briganti

Gianni Briganti

Accanto al calendario cristiano preso frequentemente come riferimento con i suoi Santi per tantissimi proverbi che legano le abitudini rurali ai periodi, se non ai giorni, dell’anno, c’è un evidente substrato culturale che si rifà a usanze e credenze di origine medievale che racconta di streghe, di malocchi o anche solo di semplici gesti malauguranti. Interessante notare come il corrispondente del “Di venere e di marte non ci si sposa e non si parte” non coincide con la tradizione Romagnola che recita:

Ad mìrcul e ‘d vénar s’ ta t’maridaré
mai furtuna t’a n’aré
Di mercoledì e di venerdì se ti mariterai / mai fortuna potrai avere

E’ mért, e’ sàbat e la zòbia s’a v’maridarì
sempar ben incuntrarì.
Di martedì, di sabato e di giovedì se vi mariterete / sempre bene incontrerete.

Ma, la di fuori si un semplice richiamo alla sfortuna, la cultura Romagnola abbondava di eventi considerati estremamente malauguranti:

Chi ch’è nêd cun la luna ch’la j aveva e’ sghet,
l’è mëz maledet.
Chi è nato quando la luna aveva il falcetto / è mezzo maledetto.
Se bat l’arloi tra la campana,
u n’vô u n’ êtar dentr’a la stmanaSe battono le ore del pubblico orologio mentre suona una campana da morto, / entro la settimana ci dovrebbe essere un altro funerale.

Ricca di riferimenti è la figura della strega, quasi esclusivamente declinata al femminile e oggetto di filastrocche tese a riconoscerle, a difendersene e ad impararne le abitudini:

A travers dl’óss s’u j è la garnê
la striga in aà la n’ po’ antrê
Se c’è la scopa attraverso all’uscio / la strega in casa non potrà entrare.

Era infatti antica credenza che posizionare una scopa di traverso sulla porta di casa tenesse lontane le streghe, che non erano considerate come presenze eteree ma vere e proprie persone, donne quindi, ritenute segretamente dedite all’arte della magia nera e intente ad evitare di farsi riconoscere dai comuni mortali, spesso compaesani. Un altro proverbio, più specifico del precedente, recitava infatti:

La striga la n’po’ cavalê la garnê
parchè alora u i toca ad pissê
La strega non può scavalcare la scopa / perché altrimenti le tocca di orinare (e in tal caso verrebbe scoperta).

Addirittura la stregoneria era vista come un’arte ereditaria (strega la nonna, strega la madre e strega la figlia) sulla quale la cultura Romagnola, tramandando magari qualche antico feticcio culturale, aveva costruito anche le fasi del passaggio di testimone. Recita infatti un proverbio:

Al strigh a n’ po’ strighê
se un làssit i n’a gli ha lassê
Le streghe non possono stregare / se un lascito non è stato lasciato a loro

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