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La mano della camorra contro il Pirata

By 14 Marzo 2016 No Comments

Il 5 giugno 1999 nell’hotel Touring di Madonna di Campiglio si decretò la fine sportiva e umana di Marco Pantani. Il controllo del livello di ematocrito della campione, che in quel momento indossava la maglia rosa, ne decretò l’esclusione dal Giro d’Italia. Un 51,9% contro il 50% consentito allora dalle norme dell’Uci, la federciclismo mondiale.

marco pantaniQuindi la riapertura delle indagini (il 16 ottobre 2014) della polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Forlì, guidata dal procuratore Sergio Sottani. “Un clan camorristico minacciò un medico – scrive il pm Sottani – per costringerlo ad alterare il test e far risultare Pantani fuori norma”. Parole che in questi anni abbiamo sentito più volte, dalla frase di Renato Vallanzasca in carcere (“Un membro di un clan camorristico in carcere mi consigliò fin dalle prime tappe di puntare tutti i soldi che avevo sulla vittoria dei rivali di Pantani. ‘Non so come, ma il pelatino non arriva a Milano. Fidati’).

Scommesse contro Pantani, scommesse miliardarie (in lire) che la camorra non poteva perdere. Da qui il piano di alterare il controllo del sangue. La Procura di Forlì ha ricostruito tutti i passaggi, ha sentito decine di persone, in carcere e fuori. Ha avuto la prova-regina, con l’intercettazione ambientale di un affiliato a un clan che per cinque volte ripete la parola “sì”, alla domanda se il test fosse stato alterato. Ma i magistrati sono andati oltre, non si sono fermati a questo importante elemento. Hanno ricostruito la catena di comando, hanno trovato i mandanti dell’operazione.

Ora la Procura di Forlì può solo archiviare perché i reati sono prescritti. Diverso invece il fronte civile e sportivo, sul quale i legali della famiglia Pantani stanno lavorando per capire se possano esserci spiragli per qualche azione.

Il commento di mamma Tonina. “Finalmente la verità, finalmente – le parole nell’intervista esclusiva a Premium Sport – Ringrazio la Procura di Forlì che ci ha messo impegno. Sono parole che fanno male ma riabilitano la dignità di Marco anche se per me non l’hai mai persa”.

“Sono parole che fanno male, ma è una conferma di quel che si diceva. Lo conoscevo bene, non ho mai accettato quella morte perché non era vera. Se quella mattina non si fosse sentito a posto, si sarebbe preso 15 giorni di riposo e poi sarebbe tornato. Ora la gente potrà dire: finalmente la verità, anche se già in tanti sapevano che era stato fregato. Oggi sono serena, finalmente hanno trovato questa conferma”.

Anna Budini

Anna Budini

Anna Budini scopre il mondo del giornalismo nel 2004 nella redazione de La Voce di Romagna. Ha poi l'occasione di passare ai settimanali nazionali, inizia così a scrivere per Visto, ma nonostante la firma sul nazionale, scopre che la sua grande passione è la cronaca locale. Dal 2016 ha iniziato a scrivere per il Corriere della Sera di Bologna.

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