Il 23 settembre si avvicina. Erwitt, uno dei maggiori fotografi del 900, esporrà una personale in cui il colore la fa da padrone. Ovviamente ai Musei San Domenico che sono sempre più il tempio della fotografia.
Dopo McCurry e Salgado è tempo del fotografo che molti conoscono per le sue foto ai cani o ai baci immortalati con fare voyeristico dagli specchietti di auto d’epoca.
MA IN QUESTO ARTICOLO NON SI APPROFONDIRA LA MOSTRA!
In realtà Erwitt è molto più di buffe facce di quadrupedi e baci pregni di poesia. Con le sue immagini infatti ha immortalato e fatto scoprire al mondo quanto fosse razzista una fetta di America, il paese della “libertà”… per alcuni. Con le sue icone ha scolpito il ritratto del razzismo. Un razzismo fatto di insegne e di rubinetti che si annida ovunque, anche nelle fila per entrare al cinema o, come nel suo caso, per bere acqua.
Insieme a Gordon Parks (qui il link alla fondazione) ha testimoniato una fetta di America che non è mai stata cancellata. E ci permette di ricordare e confrontare l’America di ieri e di oggi; un paragone doveroso viste le imbarazzanti vicende delle ultime settimane nel paese a stelle e strisce. Con il risultato che non sembra siano passati così tanti anni da quella foto a quel lavandino della Carolina del Nord.
Erwitt è ecclettico, non c’è dubbio. Ha fatto campagne per il turismo e una sua immagine è stata sceltacome copertina dell’album “The ragpicker’s dream” di Mark Knopler.
Invece in questo interessante libro è possibile godere delle sue immagini insieme a quelle di Gianni Berengo Gardin, un libro che si consiglia ardentemente (qui il link).
Si segnala:
Intervista di Anna Lombardi su Repubblica
Le interviste ai fotografi di Mario Calabresi in un libro edito da Contrasto