fbpx

a cura dello staff di JAZZenatico

Nella foto: Fabio Nobile, Laura Bertozzi, Alessandro Fariselli

Nel fermento degli primi anni ’70 compare sulla scena musicale un gruppo destinato a scrivere uno dei capitoli più significativi della storia musicale italiana e internazionale. Gli Area – International POPular Group hanno fatto scuola forgiando un linguaggio che fonde generi musicali diversi. Ha preso parte all’esperienza il pianista e compositore cesenaticense Patrizio Fariselli, la cui carriera artistica continua a prosperare sulla scia della stessa libertà di sperimentazione.

Com’è avvenuto il suo primo contatto con il pianoforte?
“Ho iniziato a studiare musica a 8 anni, soprattutto per compiacere il desiderio di mio padre di avere figli almeno un po’ alfabetizzati in questioni musicali. La mia passione però sbocciò a 16 anni quando entrai nel complesso beat “The Telstars” di Forlì e inizia a frequentare il conservatorio di Pesaro. Di lì a poco scoprii il jazz e la musica contemporanea e iniziò il mio autentico percorso artistico”.

Con quali obiettivi mise mano al progetto degli Area?
“Area rappresentò per tutti noi la possibilità di esplorare i nostri reali interessi artistici, confrontandoci e mettendo alla prova l’eterogeneità dei nostri talenti. Lo schierarci politicamente ha significato cercare di dare una mano al “movimento” a compiere il suo percorso. La presenza sul campo era la nostra cifra: per circa dieci anni è stata un’attività davvero intensa”.

Come si è evoluta la ricerca musicale degli Area nelle fasi successive?
“Abbiamo sempre cercato di onorare il nostro pensiero creativo con una dedizione e determinazione totali. A parte il primo disco, “Arbeit macht frei”, in cui l’impronta jazzistica di Eddie Busnello al sax era molto presente, con la formazione in quintetto (Stratos, Capiozzo, Tofani, Tavolazzi e io) abbiamo raggiunto un equilibrio che ci ha permesso di maturare un linguaggio molto più personale, senza troppi riferimenti a generi consolidati. Penso che, come collettivo, abbiamo compiuto una parabola esauriente, che in un decennio in modo naturale ha raggiunto i suoi limiti fisiologici”.

Che ricordi ha di Giulio Capiozzo e Demetrio Stratos?
“Erano molte le cose che mi legavano a Giulio e a Demetrio. Giulio lo conoscevo da quando, adolescenti a Cesenatico, già fantasticavamo su una formazione “pazzesca” di meravigliosi musicisti che ci permettesse di dar fondo alle cose che più ci piacevano, senza limiti di sorta. Ci riuscimmo cinque anni dopo. Giulio era un batterista straordinario, per doti tecniche e musicali, spinto da una curiosità insaziabile che lo spingeva a reinventarsi continuamente e a mettersi in gioco fino in fondo. Un vero caposcuola. Come Demetrio, al quale mi univa una profonda amicizia, che cercò fino alla fine di sondare i limiti della sua incredibile vocalità. Erano persone amanti della conoscenza e delle sfide che si presentavano man mano si cresceva”.

Nei prossimi giorni sarà pubblicata la seconda e ultima parte dell’intervista

Alessandro Mazza

Alessandro Mazza

Mi piace farmi gli affaracci vostri!

Inviando questo modulo acconsenti al trattamento dei dati secondo le vigenti norme di Privacy e diritto di autore. Per maggiori informazioni vai alla pagina Privacy e Cookie.

Leave a Reply