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Alla fine, con lucida ostinazione, senza mai tradire la minima incertezza, Mara – nella notte del 22 febbraio – nell’unico modo possibile, si è liberata del suo corpo. Quel corpo che la teneva prigioniera dal 2008 quando, durante un viaggio in India, una vena del suo cervello era esplosa all’improvviso condannandola alla “sindrome del chiuso dentro”, tre parole per spiegare che, a dispetto di un cervello perfettamente lucido e funzionante, il suo corpo non rispondeva più agli stimoli.
E così, la scorsa notte, al termine di un complesso iter burocratico, Mara Scarponi – che in tanti ricordano cortese e sorridente dietro al bancone della farmacia di Gatteo Mare – ha chiesto ai suoi genitori d’interrompere l’alimentazione e l’idratazione artificiale, ponendo fine alle sue sofferenze e consegnandosi, con serena convinzione, alla morte.
Negli ultimi istanti della sua vita terrena, le hanno fatto ascoltare la musica che più amava, odorare i suoi incensi preferiti e l’hanno accompagnata, con amore infinito, verso il suo ultimo viaggio. Alla fine, sul quel letto, è rimasto un corpo vuoto. La sua prigione terrena che lei – dettando le sue ultime volontà – ha chiesto immediatamente di cremare senza neppure l’omaggio postumo di un funerale.

Già da tempo Mara aveva pensato al suicidio assistito. Accompagnata dal padre, qualche anno fa era andata a Zurigo per visitare le cliniche dove si pratica legalmente l’eutanasia. Aveva messo da parte i diecimila euro necessari, ma poi quel desiderio si era progressivamente affievolito perché lei, prima di abbandonare la vita terrena, aveva deciso di lasciare a chi restava qualcosa di suo, un libro.
E così, digitando lentamente per sei mesi sulla tastiera, aveva scritto «Princesa Maldita» (Edizioni il Ponte Vecchio), raccontando l’atroce consapevolezza di una vita che lei stessa definiva «sbagliata». Una vita intrisa di «rabbia feroce, senza scampo, incurabile e irreversibile». Come irreversibile era il suo status.
Poi, a rendere tutto più facile, è arrivata la Legge 219/2017, quella che accorda al paziente il diritto di rifiutare qualsiasi farmaco o trattamento terapeutico. Rientrano in questo ambito, come da indicazione dell’Organizzazione Mondiale di Sanità e delle società scientifiche italiane, la nutrizione e l’idratazione artificiale, in quanto “somministrazione di nutrienti su disposizione medica e attraverso dispositivi ospedalieri”.
E così, individuato il percorso e appurata la sua granitica volontà, è iniziata la procedura dell’istituto del consenso informato, l’unico strumento che oggi, in Italia, esonera i medici da ogni responsabilità civile e penale. Mara, a 47 anni, nel letto della casa dei suoi genitori a Savignano sul Rubicone, ha intrapreso il suo ultimo viaggio con lucida determinazione, senza mai avere il minimo ripensamento. Ha scelto di morire a fine febbraio, lasciando ai suoi cari poche semplici parole: “So che andrò in un luogo con il sole ed il mare. E lì finalmente sarò felice”.

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