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“A Cesenatico vivono attualmente circa un migliaio di coppie stanziali di gabbiani. Una comunità troppo grande che, se non verrà arginata in fretta, in futuro potrebbe creare seri problemi”. Non siamo ancora ai macabri “Uccelli” di Hitchcock, ma secondo Sandro Brina, delegato locale della Lipu, potremmo arrivarci molto presto “perché questa comunità di gabbiani – avverte – ormai non ha più paura dell’uomo e, anno dopo anno, cercherà di affermare in maniera sempre più prepotente la propria territorialità”.
Dunque, al di là delle sfumature romantiche narrate dal romanzo di Jonathan Livingston, il rischio è quello di una specie che, non avendo predatori, potrebbe diventare sempre più numerosa e creare seri problemi di convivenza.

Brina, perché dobbiamo preoccuparci di questo aumento di gabbiani?
“Perché, al di là del numero oggettivamente troppo alto, il vero problema è la loro invadenza. Si sentono, perché in effetti lo sono, i padroni esclusivi dello spazio aereo e scambiano i tetti delle nostre case per delle falesie, ovvero i promontori di mare sui quali abitualmente nidificano”.
I gabbiani in cerca di cibo per le vie della città sono ormai una cartolina abituale per Cesenatico…
“Sono sempre stati onnivori, ma stanno gradualmente cambiando le loro abitudini alimentari. Una volta si cibavano prevalentemente di pesce e, per questo, aspettavano ogni giorno il ritorno delle barche al porto. Negli ultimi tempi, invece, sono usciti dai loro spazi abituali e, per l’approvvigionamento del cibo, hanno sviluppato nuovi comportamenti. Rovistano nei cassonetti dell’immondizia, si appostano vicino ai ristoranti, distruggono i nidi dei passeriformi e degli stormi, generando squilibri nel nostro eco-sistema”.

Perché la loro territorialità può diventare un problema?
“Perché, per difendere i loro spazi, possono diventare aggressivi. I tetti delle nostre case, se ospitano dei piccoli durante la cosiddetta ‘fase nursery’, sono di fatto inaccessibili perché, quando il gabbiano si sente insidiato, con un semplice verso, è in grado di radunare in pochi istanti una cinquantina di esemplari. E se il pericolo viene percepito come concreto, non è raro vederlo attaccare l’uomo”.
Perché non hanno più paura dell’essere umano?
“Il loro sviluppo incontrastato e l’assenza di predatori li fa sentire, in queste zone, i padroni assoluti del cielo. L’uomo non viene percepito come un ‘pericolo’ perché, di fatto, abbiamo accettato questa convivenza e, in linea di massima, tendiamo a tollerarla e, a volte, persino ad incoraggiarla…”.

Ma che male c’è?
“Il ‘male’ è nel non capire che il gabbiano tende, generazione dopo generazione, ad affermare la propria egemonia. L’errore più grande è dargli del cibo perché, se poi un giorno glielo neghi, lui se lo verrà a prendere. Ci sono tanti casi, anche a Cesenatico, di gabbiani che hanno attaccato persone per rubargli il gelato o che gli hanno letteralmente strappato dalle mani un panino. Di questo passo, casi del genere diventeranno all’ordine del giorno”.
Spesso li vediamo anche nei campi coltivati dell’entroterra: cosa ci fanno in quei luoghi?
“Il gabbiano, come detto, è una specie onnivora e si nutre anche di carcasse di animali morti, come gatti investiti o piccioni morenti. Nei nostri campi, spesso, quando passano le trebbiatrici, uccidono involontariamente tanti piccoli animali. E i gabbiani, come gli avvoltoi, riescono ad individuare facilmente le carcasse e dunque si riversano in massa in quelle campagne per banchettare”.
Questo è il periodo delle “cucciolate” e capita spesso che i piccoli cadano dal tetto. Come mai? E, in questi casi, è corretto catturarli e riportarli sul tetto?
“I piccoli cadono quasi sempre perché cercano un riparo dal caldo. Il più delle volte sui nostri tetti non ci sono ripari e, quando il sole picchia duro, i piccoli si lasciano cadere per cercare un po’ di refrigerio altrove. Del resto, sono di gomma e quindi la caduta non crea loro alcun problema. A quel punto, è un errore riportarli sul tetto perché, in realtà, anche se gironzolano per strada, i genitori continuano a vigilare su di loro, nutrendoli e proteggendoli dalle eventuali minacce, come ad esempio i gatti”.
Come si argina allora la proliferazione dei gabbiani?
“A gennaio scorso avevo presentato al Comune di Cesenatico un progetto innovativo che aveva persino il placet dell’Istituto Superiore di Ricerca Ambientale. Era un progetto sperimentale che, in ogni caso, aveva già dato ottimi risultati nel 2013. Con uno staff di uomini adeguatamente addestrati, l’obiettivo era quello di togliere i piccoli appena nati alle coppie di gabbiani e, attraverso un accordo già siglato col comune di Cervia e la cooperativa Atlantide, custodirli per qualche mese nelle tante voliere inutilizzate del Parco Naturale. Li avremmo nutriti e curati con la massima attenzione e poi, a settembre, appena sarebbero stati in grado di volare, dopo averli registrati ed inanellati, li avremmo liberati”.

Che tipo di risultati avrebbe ottenuto?
In primis avremmo dato un messaggio d’imprinting negativo ai piccoli che, a quel punto, avrebbero considerato gli esseri umani dei soggetti ostili e dunque da temere. Inoltre, con quell’esperienza, le coppie adulte di gabbiani avrebbero capito che, quei tetti, non sono una dimora sicura per i loro nidi e dunque avrebbero cominciato ad allontanarsi dalle nostre zone residenziali”.
Ma, una volta liberati, i piccoli non sarebbero rimasti sul territorio?
“L’esempio del 2013 ha dimostrato di no. Molti di quei gabbiani, infatti, sono stati rintracciati sulla costa del Mediterraneo, segno che – dopo quell’esperienza negativa – hanno preferito allontanarsi parecchio dalle nostre coste. Ripetere per tre, quattro anni questa iniziativa potrebbe ridurre sensibilmente il fenomeno, garantendo quasi un dimezzamento degli esemplari”.
E invece?
“E invece da gennaio il Comune di Cesenatico non mi ha mai risposto, salvo poi venire a sapere, proprio in questi giorni, che il Comune, finalmente resosi conto del problema, ha richiesto inutilmente un piano di controllo alla Regione”.
Perché questa poca sensibilità nei confronti della sua proposta?
“Non saprei, ma credo che il problema, al di là dei gabbiani, sia più generale. Vedo negli uffici una scarsa cultura ambientale come dimostra lo stato del parco naturale di Cesenatico che, con le sue 150 nutrie, tartarughe, polli ed oche, sembra una dependance del pollificio Amadori. La verità è che la gestione di quel parco è una vergogna e, anche se in tanti mi danno ragione, non vedo alcun interesse a cambiare registro”.

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