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Aspettando le elezioni regionali

Negli ultimi giorni, sia a destra che a sinistra, sono spariti i sondaggi. Il motivo, pare, sia la forbice troppo risicata tra i due schieramenti, un testa-a-testa che, sul piano demoscopico, renderebbe azzardata qualsiasi proiezione.

In realtà, esiste un sondaggio ritenuto abbastanza credibile che, negli ultimi giorni, è rimbalzato da una segreteria all’altra, ma poiché l’esito bizzarro non avrebbe soddisfatto nessuna delle parti, si è preferito non reclamizzarlo. Secondo questo exit-poll, Bonaccini vincerebbe con 2 punti di scarto ma, per effetto del voto disgiunto, la coalizione di centro-destra sarebbe avanti del 3,5%.

Il voto disgiunto – un meccanismo particolare introdotto per valorizzare il candidato rispetto ai partiti – consente infatti scelte contraddittorie sulla scheda. Ad esempio posso votare Bonaccini presidente, ma come partito la Lega. O comunque una lista a lui non collegata.

Bene, se lunedì ci sveglieremo con Bonaccini governatore e la Lega primo partito prepariamoci al peggio perché, chiunque abbiate votato, governare l’Emilia Romagna non sarà per niente facile.

Di certo, mai come questa volta la Regione è in bilico. Nel 2014, Bonaccini prese il 49% dei voti distanziando di quasi 20 punti percentuali il candidato del centro-destra Alan Fabbri. Una distanza abissale che, domenica, non si ripeterà. Non perché sia cambiato il profilo dei candidati, ma perché in questi cinque anni è semplicemente cambiata l’Italia.

A dire il vero, qualche mese fa, con Salvini al governo, Bologna “la rossa” sembrava già espugnata. Poi la Lega ha abbandonato Palazzo Chigi e, a sinistra, sono spuntate le Sardine che, piazza dopo piazza, hanno portato al Pd quella stampella di entusiasmo (e di voti?) che serviva.

Comunque vada, Cesenatico ha vissuto questa campagna elettorale da protagonista. Da Salvini a Zingaretti, da La Russa a Di Maio, la città ha ospitato tutti i più importanti leader politici. E’ venuto anche Bonaccini, non la Borgonzoni (ma del resto ci sono 328 comuni in Emilia Romagna…).

Per il resto, spigolando tra i sondaggi e il sentiment, pare scontato che 1) l’elettorato “di centro” voterà Giorgia Meloni (con Forza Italia che, malgrado l’appello del Caimano, faticherà a stare sopra il 3%), 2) che il candidato-martire del Movimento 5 Stelle difficilmente arriverà in doppia cifra, 3) che le liste civiche, mai come stavolta, potrebbero fare la differenza e 4) che, quasi certamente – come cinque anni fa – a stravincere queste elezioni regionali, con la maggioranza assoluta dei voti, sarà il “partito dell’astensione” (nel 2014 restarono a casa il 62,3% degli emiliano-romagnoli).

Unica nota stonata di questa grigia campagna elettorale il vocabolario sempre più “cafonal” utilizzato sui social dagli ultras della politica: termini ormai entrati nel lessico comune di facebook – come “pidioti” e “fascioleghisti” – banalizzano i temi, mortificano il confronto e alimentano l’odio che, a differenza dell’amore – lo ricordo – è sempre contraccambiato. E questo, benché l’andazzo sia ancora circoscritto, ci riporta alla politica becera delle curve, del piombo e degli squadristi. A quando, mi chiedo, il Daspo anche sui social?

 
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