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Una città che si risveglia incredula: serrande abbassate e un’atmosfera spettrale, surreale. Abitudini quotidiane che vengono stravolte, l’attesa fuori dai supermercati e gente in strada con mascherine e guanti. Il Coronavirus sta cambiando la nostra quotidianità. Ma andando a sfogliare la storia, Cesenatico non è nuova a epidemie.

In particolare leggendo il libro “Storia di Cesenatico” di Davide Gnola scopriamo epidemie, condizioni sociali, igieniche ed economiche che colpiscono in maniera violenta Cesenatico.

Malaria, tubercolosi e pellagra.

Siamo a fine Ottocento quando nella zona di Cesenatico c’è testimonianza della presenza endemica di malattie come la malaria, la tubercolosi e la pellagra, “tre malanni che a Cesenatico hanno l’impero” come scrive il dottor Ginesio Marconi  (al quale oggi è intitolato l’ospedale cittadino), ufficiale sanitario a Cesenatico dal 1893 al 1917. Inoltre le condizioni igieniche precarie, oltre alla diffusione di malattie endemiche, favoriscono anche l’irrompere di epidemie che colpiscono Cesenatico con particolare violenza, come nel caso del colera.

Il colera a Cesenatico.

Per tutto l’Ottocento si susseguono diverse epidemie di colera, che passano e scompaiono misteriosamente. La prima epidemia di colera è tra gli anni 1835-1836. Il territorio comunale – dove vengono istituiti due lazzaretti: uno nel capoluogo e uno a Bagnarola – viene chiuso con dei blocchi stradali. Il primo caso è segnalato il 1 agosto 1836 e l’epidemia scompare il 12 ottobre dello stesso anno, lasciando 37 morti.

Più lunga e mortale è la seconda epidemia, che dura per gran parte del 1855, facendo 150 morti. Nel 1896 la terza manifestazione con soli 5 casi e l’ultima nel 1910 con 17 morti.

Una situazione di miseria e malattia si accompagna all’analfabetismo: a Cesenatico nel 1876 solo un bambino su quattro va a scuola. Il Rendiconto morale della Giunta al Consiglio Municipale del 1877 indica le cause del mancato assolvimento dell’obbligo scolastico: “per malattia o difetti fisici, per distanza o altro impedimento naturale, per povertà assoluta, per incuria dei parenti”.

Le condizioni igieniche di Cesenatico nella relazione del dott. Marconi.

Il dottor Ginesio Marconi scrisse diverse relazioni agli inizi del 1900 e in tutte si rivelano i diversi volti di una città sospesa tra sviluppo e arretratezza, che si avvia al turismo ancora con latrine nei cortili e malattie endemiche nelle campagne.

Marconi mette in guardia i nuovi operatori economici dai comportamenti scorretti, rilevando la presenza di “esercenti che vorrebbero vendere sostanze alimentari avariate, falsificate, vini adulterati, cicoria per caffè, pesce fradicio, baccalà puzzolente, latte annacquato, affittare camere e case in condizioni luride”. Indica la necessità di un adeguato sistema fognario: “la zona dove sono distribuite le ghiacciaie per la conservazione del pesce lascia molto, anzi troppo, a desiderare in quanto a nettezza. la scarsezza dell’acqua e la mancanza di fognatura per smaltire l’acqua usata per la manipolazione del pesce rendono l’aria del rione nauseante”.

E ancora critica la presenza di latrine e letamai nel centro cittadino, Marconi fa riferimento a via Squero e nelle campagne dove esistono “umili stamberghe per lo più di un solo vano, senza finestra e senza soffitto, dove sono accalcate 8-10 persone della famiglia. Tra gli individui che così vivono serpeggia la tubercolosi, il ratichismo, la scrofola e la pellagra”. La pellagra è la malattia che colpisce chi è costretto ad alimentarsi esclusivamente di granoturco e conduce molto spesso alla pazzia: infatti in 17 anni partono da Cesenatico per il manicomio di Imola ben 25 pellagrosi.

Alla pellagra, a Cesenatico, si aggiunge la tubercolosi. Alla fine per Marconi la causa di queste malattie è sociale ed economica: “l’ideale dell’igiene sarebbe il miglioramento delle case, il loro sfollamento, un’alimentazione sana e abbondante per ogni individuo”.

*riferimento bibliografico Storia di Cesenatico di Davide Gnola.
 
Anna Budini

Anna Budini

Anna Budini scopre il mondo del giornalismo nel 2004 nella redazione de La Voce di Romagna. Ha poi l'occasione di passare ai settimanali nazionali, inizia così a scrivere per Visto, ma nonostante la firma sul nazionale, scopre che la sua grande passione è la cronaca locale. Dal 2016 ha iniziato a scrivere per il Corriere della Sera di Bologna.

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