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Sfruttamento della manodopera e caporalato in Romagna e nel comparto agricolo. La Squadra Mobile della Questura di Forlì ha eseguito 4 ordinanze di custodia cautelare in carcere al termine di un’indagine, partita lo scorso settembre e durata fino a febbraio, coordinata dal pm Francesca Rago, che ha visto la collaborazione dell’Ispettorato del Lavoro, dell’Inail e della Polizia Locale, quest’ultima ha dato il supporto del drone, che ha permesso di riprendere l’effettiva attività nei campi che ai lavoratori sfruttati rendeva appena un euro l’ora.

I 4 indagati, di origine pachistana, in concorso hanno posto in essere una vera e propria organizzazione criminale in cui si reclutavano direttamente i lavoratori, si individuavano i committenti e si ponevano in essere forme di intimidazione e di minacce nei confronti di quei lavoratori che manifestavano la volontà di rivolgersi ai sindacati per far valere i propri diritti. Venivano gestite in via diretta e quotidiana i rapporti con i committenti e i lavoratori, mediante accompagnamento sul luogo di lavoro e controllo dell’attività lavorativa. Erano state costituite da alcuni di loro anche due ditte individuali risultate fittizie in quanto gli indirizzi indicati corrispondevano ad immobili in stato di abbandono.

45 le persone, in gran parte richiedenti asilo e tutti pachistani o afgani, sfruttati dai quattro arrestati, due di 44 anni e altri due di 22 anni, portati in carcere in Romagna, a Carpi e in provincia di Treviso. L’indagine, guidata da Mario Paternoster, dirigente della Squadra Mobile forlivese, ha monitorato l’impiego di questi lavoratori in 6 aziende agricole di Forlì, Castrocaro, San Clemente e San Giovanni in Marignano, in provincia di Rimini e a Bagnara di Romagna in provincia di Ravenna. Bagnara era la base operativa dei caporali, in particolare in un casolare agricolo venivano ricoverati i lavoratori sfruttati.

I lavoratori, che versavano in uno stato di bisogno, venivano spesso reclutati dai centri di accoglienza, in qualità di richiedenti asilo e pertanto non espellibili ed erano destinati alla raccolta di frutta e verdura o alla potatura di alberi, a cui veniva promessa una retribuzione oraria contra lege di 5 euro netti, a fronte dei 9,6 euro normativamente previsti, che per di più si tramutavano in soli 250 euro mensili di cui 200 venivano decurtati per il vitto e l’alloggio. A loro volta gli indagati ricevevano dai committenti una quota di 12-13 euro netti all’ora per lavoratore rispetto ai 20 che avrebbero dovuto versare per ogni operaio.

Per tale motivo sono stati denunciati in stato di libertà otto titolari italiani di aziende agricole nelle province di Forli-Rimini e Ravenna che da settembre scorso a gennaio 2020 hanno impiegato irregolarmente i lavoratori. Infatti il gruppo dei pachistani prendeva in appalto lavori di raccolta di frutta e verdura e di potatura presso società agricole e coltivatori diretti, con ribassi rispetto al prezzo di mercato di circa il 30-40%, in parte in nero.

I lavoratori lavoravano mediamente dalle 60 alle 80 ore settimanali nonostante la contrattazione nel settore agricolo ne preveda un tetto massimo di 44, non disponevano di approntamenti di cantiere, e non era loro consentito espletare durante il lavoro i propri bisogni fisiologici o consumare un pasto in ambiente riparato.

Nel periodo di interesse gli indagati avrebbero guadagnato dagli 80 ai 100mila euro dallo sfruttamento dei lavoratori. Il danaro veniva di volta in volta inviato attraverso i canali Western Union o Money Gram in Pakistan su conti di persone fittizie.

Quanto agli immobili utilizzati per alloggiare i lavoratori sono stati individuati dei casolari privi di acqua calda e di cibo a sufficienza oltre che di posti letto consistenti in sporchi e inadeguati materassi gettati a terra e in condizioni igienico-sanitarie precarie. Gli immobili venivano individuati in zone di campagna lontani appositamente dai centri urbani, in modo da poter sovraffollarli di tutti i lavoratori per poterli controllare ed emarginarli socialmente.

Alle attività di esecuzione hanno dato prezioso supporto per il rintraccio degli indagati le Squadre Mobili di Modena-Treviso e Ravenna.

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Anna Budini

Anna Budini

Anna Budini scopre il mondo del giornalismo nel 2004 nella redazione de La Voce di Romagna. Ha poi l'occasione di passare ai settimanali nazionali, inizia così a scrivere per Visto, ma nonostante la firma sul nazionale, scopre che la sua grande passione è la cronaca locale. Dal 2016 ha iniziato a scrivere per il Corriere della Sera di Bologna.

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