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Se a breve partirà la fase 2 dell’emergenza Coronavirus per tutti i settori, per la scuola nulla si intravede. L’anno scolastico 2019-2020 è finito per come tutti lo conosciamo. E così la famigerata didattica a distanza accompagnerà gli studenti fino al 6 giugno e, nella peggiore delle ipotesi, anche a settembre.

Neanche a dirlo: una modalità del tutto nuova alla quale la scuola si è approcciata tra difficoltà, buon senso, responsabilità e fai da te. Così ci sono scuole che eccellono e altre che faticano, c’è qualità ma anche vuoto didattico e spesso il motivo sta proprio nella logistica e nella scarsa digitalizzazione dei docenti. Insomma l’iniziativa sta nelle mani dei singoli insegnanti, alcuni dei quali hanno deciso di non prestarsi alla didattica a distanza appellandosi al vuoto legislativo e al contratto di lavoro che non prevede questa modalità d’insegnamento.

E’ quello che è successo – nel caso a noi più vicino – in una scuola di Bologna dove alcuni genitori hanno alzato la voce. In tutta risposta il corpo docenti ha scritto una lettera dove si spiega che, contratto ministeriale alla mano, “non esiste alcun obbligo alla didattica a distanza”.

Da parte sua il Ministro all’Istruzione nell’ultimo decreto del 6 aprile ha messo nero su bianco che la didattica a distanza diventa “ordinaria”, quindi obbligatoria e non più solo consigliata come nelle prime settimane del Coronavirus. Ma come si traduce tutto questo nella realtà: tra contratti di lavoro, decreti e circolari ministeriali?

“I dati ufficiali dell’Emilia Romagna parlano di un 90% di insegnanti che hanno attivato la didattica a distanza – spiega Pier Francesco Minnucci, segretario generale della Flc Cgil Cesena – Mentre in Italia un terzo delle famiglie non è raggiunta dal digital divide. Tutte le scuole e le insegnanti si sono trovate impreparate sulla didattica a distanza, è mancata la formazione, non per una responsabilità individuale ma neppure per una responsabilità delle direzioni didattiche”.

“Le insegnanti stanno lavorando alacremente, ben oltre il loro canonico orario di servizio – continua Minnucci – Poi se esistono casi di alcuni insegnanti che si stanno tirando indietro, affermo a gran voce che questi lavoratori non hanno il sostegno della Flc Cgil. Credo infatti che in questo momento di grande difficoltà sia fondamentale la connessione con le famiglie e i ragazzi”.

Quindi se da una parte il Ministro parla di obbligatorietà della didattica a distanza dall’altra il contratto della scuola non prevede alcun obbligo. “Nessun decreto o circolare ministeriale può colmare il vuoto legislativo che esiste e che si è evidenziato, in particolare, con questa emergenza sanitaria. Tutto è rimandato al senso di responsabilità del personale che, lo ripeto, è altissimo. Sul Ministro sospendo qualsiasi giudizio politico-sindacale per senso di responsabilità, anche se i tavoli di confronto fino ad oggi sono stati semplici comunicazioni”.

E intanto avanza l’ipotesi di una riduzione degli stipendi dei docenti e del comparto pubblico, proposta non ancora arrivata su nessun tavolo, ma che inizia a serpeggiare nei corridoi.

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