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di Erika Bartoli

“La danza è una poesia in cui ogni parola è un movimento” (Mata Hari)

Le scuole di danza, in Italia, rappresentano un settore dello spettacolo dal vivo che comprende, più o meno, circa 30.000 scuole. Il loro valore educativo e sociale è molto importante: a loro spetta, infatti, non solo la formazione degli insegnanti, non solo l’educazione dei giovani all’ascolto, alla pazienza, al rispetto dell’altro, a dare una valenza profonda alla parola “sacrificio”, ma anche a promuovere la diffusione della cultura attraverso un’intensa e poliedrica attività aggregativa.

L’emergenza del Covid-19 non ha risparmiato nemmeno loro, imponendo la chiusura immediata delle scuole senza prevedere alcun salvagente. Anzi, il decreto “Cura Italia” non ha previsto nessuna misura di sostentamento per la categoria, sia in termini di ammortizzatori sociali che economici.

“Il 18 aprile – spiega Miriam Baldassari, presidente nazionale di AssoDanza Italia – in piena pandemia, i membri del comitato spontaneo Danza e Sport Italia, nato sul territorio nazionale per diffondere le esigenze della nostra categoria e farsene interprete davanti alle istituzioni, si è riunito in una videoconferenza di oltre quattro ore. In quell’occasione si è dato forma ad un nuovo organo di rappresentanza in grado di tutelare le esigenze di tutte le scuole di danza italiane e dei loro insegnanti. Questo nuovo organo, che ha assunto la denominazione di AssoDanza Italia, è formato da 22 direttori di scuole di danza in rappresentanza di tutte le Regioni d’Italia. Sono stati loro che mi hanno scelto come Presidente Nazionale”.

Nel periodo più difficile della storia delle arti figurative, AssoDanza Italia ha lo scopo fondamentale e assolutamente vitale in questo momento “di presentare con una voce unica e istituzionale le istanze del nostro mondo. Gli interlocutori a cui aspiriamo – aggiunge Miriam – sono i Ministri e il Governo. La strada è tortuosa, gli obiettivi da raggiungere sono grandi, ma non si può lasciare morire un settore così importante”.

In questo momento quali sono le problematiche principali delle scuole di danza in Italia?

“Oggi tutti i direttori delle scuole di danza hanno paura di non riaprire. E la ragione non è imputabile al virus e al dispositivo di misure di sicurezza a cui verosimilmente dovremo attenerci. Il problema è piuttosto quello dell’indebitamento delle scuole che, in questa fase, hanno subito danni economici incalcolabili. Purtroppo l’emergenza sanitaria è un fatto, ma le scuole lamentano la carenza di una risposta concreta da parte delle istituzioni che, sul piano economico, ad oggi, non hanno proposto nulla. Il terrore è la non riapertura neanche a settembre perché molti di noi non si fanno illusioni visto l’andamento generalizzato dei contagi”.

Altro punto cruciale è la problematica dei requisiti logistici che verranno richiesti all’apertura: gli spazi per fare lezione saranno ancora idonei?

“Le lezioni contingentate non sono proponibili perché l’insegnamento della danza prevede contatto, scambio e unione, per cui noi l’allenamento ‘one to one’ non possiamo farlo. Quindi, quello degli spazi è un problema reale. Per altro non dobbiamo dimenticare le difficoltà per le scuole a pagare l’affitto delle palestre visto che, negli ultimi mesi, hanno avuto reddito zero. E bisognerà poi pensare agli insegnanti di danza che non hanno usufruito neppure del bonus, un contributo fra l’altro previsto una tantum, mentre loro non hanno lavorato né ad aprile né a maggio e sicuramente non lavoreranno neppure nei mesi estivi”.

La sensazione è che il movimento sconti problematiche ed ambiguità che partono da lontano…

“Certo perché, a monte, c’è l’enorme e complessa questione del non essere riconosciuti come categoria. E chi non è riconosciuto non è neppure tutelato. A tale proposito mi preme specificare che Assodanza Italia nasce proprio con l’obiettivo di salvaguardare la categoria degli insegnanti di danza delle scuole, anche quelle più piccole. Nasce dal mancato riconoscimento come forza lavoro, come categoria imprenditoriale di questo enorme ‘sommerso’ che si è scoperto tale proprio attraverso questa emergenza sanitaria senza precedenti. Se non ci fosse stata probabilmente questa situazione non sarebbe saltata agli occhi la precarietà del nostro settore. Il virus è stato un catalizzatore di un processo che si sarebbe dovuto mettere in atto già da tempo”.

Che cosa chiederete al governo ed ai Ministri?

“Noi abbiamo fatto una prima petizione alla Camera dei Deputati che è stata sostenuta da diversi parlamentari attraverso 3000 firme inviate per posta elettronica. Abbiamo scritto anche una lettera accoratissima al ministro per le Politiche giovanili e Sport Spadafora ma, ad oggi, non c’è stato alcun riscontro. In ogni caso, le nostre richieste possono essere sintetizzate in cinque macro-punti: 1) un provvedimento urgente legato agli affitti delle scuole di danza private con la definizione di un canone unico forfettario fino alla data di riapertura da proporre, in maniera unitaria, ai proprietari degli immobili; 2) richiesta urgente di un calendario riapertura delle Scuole di Danza con specificate le modalità e le caratteristiche di contingentazione che, ovviamente, dovranno essere compatibili con la dinamica di svolgimento e la didattica specifica delle nostre lezioni; 3) un elenco dettagliato delle disposizioni per la sanificazione alla riapertura e in itinere, ovvero durante lo svolgimento dell’attività; 4) la richiesta urgente di ulteriori bonus che coprano l’intero periodo fino alla riapertura delle scuole; 5) la redazione di una nota informativa ufficiale ed univoca in merito alla gestione delle quote abbonamento non consumate dai soci per sopravvenuta causa di forza maggiore. Ulteriori richieste, che verranno inoltrate a breve, riguarderanno soprattutto la normativa e la ristrutturazione delle scuole di danza private e degli insegnanti di danza addetti al compito sociale, fondamentale, della formazione coreutica di base. Chiederemo con forza allo Stato di rispondere in modo chiaro ed inequivocabile su tutto questo”.

Alla luce di questa situazione come pensate di ripartire?

“Noi siamo disposti ad impegnarci ad eseguire tutte le procedure che ci verranno richieste a livello di sanificazione e di preparazione degli ambienti, però abbiamo bisogno di indicazioni precise. Da parte nostra c’è l’intenzione di essere più collaborativi e più ‘adattabili’, nel senso che non metteremo alcun paletto. Però abbiamo bisogno di un calendario chiaro sulle tempistiche e sulle richieste dei parametri per la riapertura. Noi chiediamo, in primis, di essere ascoltati, perché le esigenze della nostra disciplina sono diverse da quelle degli altri sport”.

Come mai le scuole di danza italiane devono sottostare al Coni che, in realtà, di “arte” ha ben poco?

“La mia risposta, già lo anticipo, sarà un po’ dura… la danza è ‘finita’ nello sport perché è servito alle scuole stesse per definirsi come associazioni di tipologia sportivo dilettantistica. Il dilettantismo sportivo ha permesso alla danza di salvarsi dalla morsa della pressione fiscale a cui sono sottoposte le aziende a partita Iva perché il mondo della danza, soprattutto quello dilettantistico ed amatoriale, con i pochi introiti che ha e applicando tariffe ‘democratiche’ attraverso l’erogazione di abbonamenti popolari, non si riesce a sostenere questo regime fiscale. La danza è finita nel mondo sportivo quando alle associazioni sportive dilettantistiche è stato paventato un regime fiscale agevolato e, a quel punto, le scuole di danza sono dovute passare da associazioni culturali ad associazioni sportive dilettantistiche accettando un compromesso che, però, non corrisponde minimamente alla loro immagine. Con l’attuale regime fiscale concesso alle Adl, quindi alle piccole e medie imprese, le scuole di danza così come sono strutturate, con i mensili che ricevono dai soci, non ce la farebbero a mantenersi. Inoltre, non riuscirebbero mai a concedere dei contratti che prevedano una definizione professionale con adeguati costi per il personale, costi che non sono assolutamente sostenibili. Le spese per il mantenimento di una scuola di danza, che per lo più sono di affitti privati e di utenze, con le quote richieste ai propri iscritti – che spesso tengono conto anche delle esigenze delle famiglie soprattutto di quelle con più figli – sono troppo esose e le scuole stesse non ce la fanno a restare in piedi. Ecco perchè siamo ‘finiti’ nello sport”.

I grandi Etoile italiani come si esprimono a riguardo?

Gli Etolie sono, per noi insegnanti, dei fiori all’occhiello, sono delle persone nelle quali i nostri ragazzi si riconoscono. L’etolie è il sogno, ma in questo momento il suo ruolo è prevalentemente quello di fare da testimonial e la sua professionalità, purtroppo, non gli permette di lottare su un piano pratico e di affrontare nello specifico il problema. A lui spetta il compito di rimanere il punto di riferimento ideologico. Apprezziamo molto quegli etolie che si sono “sporcati le mani” prendendo le difese delle scuole di danza perché si ricordano da dove sono venuti; molti di loro sono nati dalle scuole di danza private, non sono nati dalle scuole di danza dei teatri. Lì ci sono arrivati dopo, grazie a maestri che si sono adoperati per la loro formazione che, molto spesso, è nata da contesti molto semplici, direi umili. Forse in questo momento la cosa più bella che un etolie potrebbe fare, eticamente, è non dimenticarsi di chi la ha fatti crescere ed accompagnati nel loro percorso.

La situazione di Cesenatico

Anche a livello locale la situazione, per le scuole di danza, non è delle più rosee, come ci spiega Ilaria Esposito, direttrice artistica della Dance Dream asd che ripercorre così le tappe di questo incubo: “Domenica 8 marzo viene emanata la prima ordinanza ministeriale che decreta la sospensione dell’attività di tutte le scuole di danza. Non sapevo cosa fare, ho trascorso intere notti al telefono, mi sono messa in contatto con altre mie colleghe di varie scuole italiane, accomunate dalle stesse sensazioni di paura e di impotenza. Con mio rammarico non ho trovato solidarietà dalle altre scuole presenti nel mio territorio”.

Dopo oltre un mese qual è oggi la situazione?

Oggi è il 22 aprile e la mia vita è ancora in stand by. Ci troviamo in una situazione sofferta, confusa e molto complessa, dimenticati da qualsiasi istituzione o ente. Dirigo una scuola di danza e musical, a Cesenatico dal 2009. Un contenitore di idee, possibilità per 160 allievi attuali, tra bambini e ragazzi, e le loro famiglie. Un luogo di aggregazione, di scambio sociale e culturale, lavoro per professionisti e non della danza e del teatro musicale e da quest’anno anche accademia di Tip Tap. Un rifugio per molti giovani dove poter coltivare i propri sogni, un vivaio per coloro che aspirano a fare carriera, perché nella scuola vengono preparati per poter accedere alle Accademie, che poi ne fanno dei veri professionisti”.

I progetti in divenire per questa stagione sono ovviamente saltati, tra cui i saggi di fine anno…

“La macchina organizzativa che avevamo messo in moto però ha continuato ad andare, inevitabilmente – spiega Ilaria – ad esempio, sono arrivati circa 300 costumi che avevamo ordinato per lo spettacolo di danza il ‘Il Mago di Oz’, che doveva essere allestito dal 5 al 7 giugno al Teatro Comunale di Cesenatico ed anche il materiale per lo spettacolo tratto dal il musical originale di Broadway ‘Billy Elliot’, da portare in scena sempre a maggio al Teatro Bonci di Cesena (ne abbiamo comprato i diritti e la licenza da MTI di Londra). Oltre a me, nella scuola, ci sono altri 6 collaboratori sportivi, che sono a casa, e purtroppo ci rimarranno per un po’. Hanno usufruito del bonus di 600 euro, ma non della cassa integrazione, malgrado alcuni di loro abbiano famiglie, mutui o affitti da onorare. Questa drammatica interruzione ha portato a tutti noi della Dance Dream un dolore profondo, una sensazione incolmabile di vuoto dovuta principalmente alla perdita dei legami umani che spontaneamente si creano nella pratica sportiva e nell’arte. Insieme ai miei colleghi ho attivato delle piattaforme online e video dirette per provare a mantenere attivi e propositivi gli allievi dei nostri corsi. Siamo però ben consapevoli che queste attività non potranno mai sostituire la lezione in classe né fare da recupero agli abbonamenti persi”.

Cosa pensi che succederà nell’immediato e nel medio e lungo termine?

“La mia speranza è quella di riaprire. Quanto ai tempi, purtroppo non riesco a farmene un’idea. Per l’estate forse si riuscirà a fare qualcosa con gli allievi più grandi. Il nostro obiettivo  rimane quello di aprire a settembre, anche se ci rendiamo conto che si dovrà farlo in modo graduale e con regole precise che prevederanno un distanziamento sociale oltre ad una costante sanificazione degli ambienti. L’impegno della nostra associazione è quello di fare il possibile per poter riaprire nella massima sicurezza e legalità”.

Ma le domande sul tavolo restano tante: quali sono quelle più stringenti?

“Si potrà non pagare gli affitti ai privati? Avere sconti o dilazioni dei pagamenti ? Il Coni ci darà una mano abbonandoci i mesi che abbiamo perso per la prossima affiliazione? La SIAE sposterà le scadenze degli abbonamenti annuali che paghiamo? Le date dei nostri spettacoli slitteranno e, se è così, a quando? Potremo accedere ai contributi per i nuovi allestimenti? E, soprattutto, come ammortizziamo le spese già avvenute? Di che entità poi saranno le spese di sanificazione? Potremo accedere a fondi di garanzia per la ripresa? Avremo contributi per saggi e spettacoli estivi, per l’affitto di teatri e service, nonché per l’organizzazione di eventi cancellati? Queste sono le domande che mi pongo continuamente e che mi spaventano molto. Come qualsiasi altro cittadino, anche noi meritiamo delle risposte dalle istituzioni che ci rappresentano ed è indispensabile che chi ci governa preveda necessariamente sussidi a tutela della nostra categoria”.

Quali sono state le risposte a livello locale?

“Abbiamo tentato un approccio con il sindaco ma, per il momento, non è andato a buon fine. Lo scopo non era quello di curare il proprio orticello, ma di sensibilizzarlo alla problematica. Continuiamo comunque a tenerlo informato. Inoltre, sempre ad inizio pandemia, abbiamo chiesto ai colleghi del territorio, attraverso la chat, come si stavano muovendo e se pensavano di adottare qualche strategia ma, a parte uno scambio di pochissime battute, non abbiamo saputo più nulla. Il vuoto. Mi auguro, come hanno già fatto in altri comuni, che si riesca ad arrivare ad una collaborazione proficua al più presto”.

Quindi che si può fare in questo momento?

“Noi continueremo a batterci. Fin dall’inizio di questa surreale emergenza da Covid 19 ci siamo dati da fare, abbiamo raccolto numerose petizioni ed istanze, cerchiamo di far sentire la nostra voce. Ci siamo unite ad una rete di solidarietà che collega tutto il territorio nazionale con coordinatori a livello regionale. Insomma noi siamo pronti per il futuro, non sarà semplice ma, insieme ed uniti, sono sicura che ce la faremo. Dobbiamo farcela!”.

In questo scenario drammatico, le scuole di danza in Italia continuano, ogni anno, a formare oltre un milione e mezzo di giovani allievi, a supportare le loro passioni, a condividere i loro sogni, a permettere loro di esprimersi e di crescere nel talento.

In una situazione di emergenza, come quella attuale, dove diventa complicato potersi confrontare personalmente, è importante mantenere alta l’attenzione oltre ad avere un forte spirito di condivisione delle idee. Nulla sarà più come prima e quando tutto si risolverà, sarà ancora più forte la voglia di tornare a danzare! E non solo in punta di piedi…

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