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All’indomani della pubblicazione del maxi-decreto di maggio, il Ministro Franceschini ha ribadito che per il turismo il Governo ha stanziato 4 miliardi di euro. Di questi 2,4 attraverso il bonus turismo.

In realtà, ora che l’articolo 183 del “Tax credit” è stato pubblicato nero su bianco, è possibile fare qualche valutazione più oggettiva.

La misura prevede un contributo fino a 500 euro per le spese sostenute per soggiorni in alberghi, campeggi, villaggi e B&B sul territorio nazionale. Possono chiedere il voucher le famiglie con un reddito Isee fino a 40 mila euro. Considerando la tipologia media del turista della riviera romagnola – notoriamente non facoltoso – si stima dunque una platea particolarmente estesa (qualcuno ha azzardato oltre il 90%).

L’importo è modulato in base al numero dei componenti del nucleo familiare: 500 euro per le famiglie composte da 3 o più soggetti, 300 per le famiglie di due persone e 150 per i single. Il contributo potrà essere speso dal 1 luglio al 31 dicembre 2020. L’80% sarà uno sconto effettivo sul corrispettivo dovuto alla struttura, il restante 20% come detrazione dall’imposta sul reddito.

Se il provvedimento voleva dare una mano alle famiglie italiane che, dopo due mesi di quarantena, hanno il sacrosanto diritto di andarsene in vacanza, può avere un senso. Se, invece – come è stato annunciato – si tratta di una misura a favore delle imprese turistiche qualcosa non torna.

Lo sconto applicato, infatti, sarà a carico dell’albergatore che dovrà anticiparlo stornandolo dal conto della vacanza. Questo significa che l’operatore turistico incasserà meno. Ma quel mancato guadagno “quando” e “in che modo” verrà rimborsato all’albergatore? Attraverso un credito d’imposta che potrà essere applicato esclusivamente in forma di compensazione nella dichiarazione dei redditi del 2021.

Il provvedimento dunque, nel momento più critico della loro storia, sottrae preziose liquidità alle aziende turistiche e soprattutto – questo è il secondo aspetto – appesantirà drasticamente la burocrazia gestionale delle aziende che dovranno aggiungere nuove voci alla loro – già complessa – contabilità ordinaria. E per fortuna che, in extremis, il Governo ha fatto slittare al gennaio 2021 l’obbligo per le imprese turistiche di dotarsi del registratore di cassa telematico, altrimenti quest’estate ne avremmo viste delle belle.

Il “Tax credit”, insomma, è un provvedimento talmente bizzarro che chi ha scritto il Decreto – forse colto in extremis da un francescano rimorso di coscienza – ha deciso di dare agli operatori turistici una via d’uscita. Nell’articolo 183, infatti, è stata inserita la frase salvifica “d’intesa con il fornitore”, due parole che spiegano che l’accettazione del voucher non è obbligatoria ma a discrezione del titolare della struttura.

Ora, sarebbe impopolare – anche se economicamente legittimo – annunciare che il “bonus turismo” negli alberghi di Cesenatico non verrà accettato, però qualcosa, per far quadrare i conti, bisognerà inventarsi. C’è chi ritoccherà al rialzo i listini, chi toglierà le tariffe agevolate per gli occupanti del quarto e quinto letto, chi ancora s’inventerà qualcosa per non restare col cerino acceso in mano.

E allora, se un albergatore deve ingegnarsi per raggirare anche un “aiuto di Stato” a qualcuno non viene il sospetto che, forse, in quel provvedimento c’è qualcosa che non va?

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