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Sulla carta – sostiene il Governo – il provvedimento vale 2,4 miliardi di euro, ma un conto è la “carta” un altro l’economia reale. La prima ci dice che con il “tax credit vacanze” il turismo italiano potrà contare su un valido aiuto contro la crisi; la seconda che siamo forse l’unico paese al mondo costretto a difendersi dagli “aiuti di Stato”.

Si tratta, va precisato, dell’ennesimo credito d’imposta, la modalità a cui il Governo Conte ha fatto ricorso a piene mani (assieme ai prestiti garantiti) per evitare di togliersi dalla tasca soldi che, prima del Recovery Fund, non aveva.

Partiamo subito dalle criticità: se il Governo avesse voluto realmente dare una mano al settore turistico avrebbe potuto scegliere modalità meno cavillose e assai più immediate per versare alle imprese quei 2,4 miliardi di euro. Il provvedimento, invece, sarà utile per i turisti, ma toglierà agli albergatori della liquidità preziosa proprio nella stagione in cui ne avrebbero avuto più bisogno.

Secondo punto: l’appesantimento delle pratiche burocratiche a cui saranno obbligati giornalmente gli albergatori ed i loro commercialisti. Per far quadrare i conti, infatti, non basterà una gestione ordinaria, ma ci vorranno nuovi registri, nuovi software e dunque un dispendio supplementare di tempo e risorse.

Come funziona il bonus

Il bonus, utilizzabile da un solo componente per famiglia, vale 500 euro ma scende a 300 euro per i nuclei composti da due persone e a 150 euro per i single. Il presupposto è che il nucleo familiare abbia un Isee non superiore a 40 mila euro. Ma questa non è l’unica specifica di un sistema che si annuncia, tanto per il cliente quanto per l’albergatore, terribilmente macchinoso.

In primis, le spese devono essere sostenute in un’unica soluzione e in relazione a servizi resi da una singola impresa (quindi è vietato spacchettare il credito tra diversi soggetti). Le spese devono essere certificate da fattura elettronica, con l’indicazione del codice fiscale del soggetto che intende fruire del credito. E l’operazione, sul fronte della lotta all’evasione, promette di essere un deterrente talmente efficace che viene il sospetto che, forse, la vera mission del bonus fosse propria questa.

Le criticità per il turista e per l’albergatore

Per il turista, il tax credit è fruibile come sconto sul corrispettivo della prestazione nella misura massima dell’80%. Il restante 20% deve essere scomputato come detrazione d’imposta nella dichiarazione dei redditi del soggetto che ha diritto al bonus. In pratica, ipotizzando che una famiglia vada in vacanza a Cesenatico e spenda 1.500 euro, a fronte di un bonus disponibile di 500 euro, il risultato sarà che all’albergatore il cliente pagherà 1.100 euro scontando i 400 euro di tax credit; il membro della famiglia prescelto per l’esenzione, invece, recupererà poi i 100 euro residuali di tax credit nella propria dichiarazione dei redditi relativa al 2020.

Come l’albergatore può utilizzare il bonus

L’albergatore – che, va precisato, non è obbligato ad accettare il voucher – potrà decidere se usare il credito d’imposta incassato in compensazione diretta o se cederlo, a sua volta, per monetizzarlo.

Ne deriva quindi un sistema piuttosto complesso e non a costo zero. Anche perché se l’albergatore incasserà molti corrispettivi sotto forma di sconto tax credit vacanze, difficilmente riuscirà a fruire direttamente del credito e quindi sarà costretto alla cessione, magari ricorrendo all’intermediazione di una banca che applicherà sull’operazione delle commissioni.

La norma chiarisce che, accertata la mancata integrazione dei requisiti che danno diritto al credito d’imposta, il fornitore dei servizi risponderà solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in misura eccedente lo sconto applicato sulla tariffa ricettiva applicata. E che le modalità applicative dovranno essere definite da un provvedimento dell’agenzia delle Entrate.

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