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E’ ormai diventato il paladino della “famiglia cristiana”, l’argine più ostinato contro la legge Zan sull’omofobia “che – sostiene – è pretestuosa e va contrastata con forza”. Una posizione difesa con le unghie e con i denti, ma che – in questi ultimi giorni – sulla sua pagina facebook, gli è valso un vero e proprio linciaggio social.

Don Mirco Bianchi, irriducibile crociato al servizio di Sacra Romana Chiesa, replica serafico agli insulti, invitando i fedeli a “continuare a pregare”, ma mai come in questi giorni gli strali contro il sacerdote hanno raggiunto un livello così estremo di violenza.

C’è chi lo vorrebbe morto decapitato alla ghigliottina, chi si è rammaricato per la negatività del suo tampone al Covid, chi lo invita a dimettersi dall’ordine sacerdotale e chi lo definisce “razzista e omofobo”. Ma, benché non manchino i fedeli che lo difendono, don Mirco è diventato anche un pretesto di scontro politico. In tanti gli rimproverano la sua presunta simpatia verso la destra (a dire il vero mai dichiarata) e qualcuno lo ha già ribattezzato come il “parroco della Lega”. Tra bestemmie e offese (a lui e alla Chiesa) qualcuno gli consiglia di seguire di più il Matteo apostolo anziché il leader della Lega.

Ma nonostante tutto, lui va dritto, non cambia idea, soffia sul braciere delle sue idee dogmatiche, continuando a parlare della legge sull’omofobia come di “un’iniziativa legislativa che mette a rischio la libertà di espressione” e che “in nome di alcune idee criminalizza tutte le idee diverse”.

“Se si concede la possibilità di censurare giuridicamente e penalmente non delle offese, ma semplicemente delle opinioni e delle verità di ordine antropologico e morale diverse da quelle dei proponenti il Disegno di legge, come per esempio la differenza fra uomo e donna, allora veramente la nostra libertà – quella di tutti, non solo quella dei cattolici – è in pericolo. Si tratta – conclude – di un disegno pretestuoso che va contrastato con forza”.

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