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Il ricercatore Walter Cortesi di Cesenatico può appuntarsi un’altra stella sul petto. Grazie alle sue ricerche e al Crb 360, team che ha costituito negli anni, ha portato a compimento il restauro di una fetta di storia. Il Comune di Cervia infatti ha pensato di riqualificare una fetta di lungomare a Milano Marittima e di sfruttare a fini conoscitivi alcune granitiche testimonianze della seconda guerra mondiale. Sulle colonne di questo sito lo abbiamo scritto spesso, ma la storia è così affascinante che val la pena ribadirlo. Sta di fatto che intorno al 43 i nazisti che occupavano lo stivale si aspettavano uno sbarco alleato proprio sulle coste romagnole. Hanno iniziato così un’opera di difesa sullo stampo di quello avviato in Normandia con bunker collegati tra loro utili a fronteggiare un eventuale sbarco che poi non c’è stato.

Il video è stato girato in inverno a pochi giorni dall’inizio dei lavori che negli ultimi giorni sono stati presentati al pubblico

Oggi molti bunker sono ancora presenti, alcuni sono abbandonati, altri sono inglobati in abitazioni e altri sono stati restaurati grazie all’interesse di Walter. Quando la competenza del Crb 360 ha incontrato la disponibilità e la lungimiranza del comune di Cervia è stato possibile realizzare un progetto di riqualificazione di un tratto di città pensato come un museo a cielo aperto. Ieri è stato presentato l’esito del lavoro lungo mesi: da oggi chi passa da quel tratto di spiaggia (vicino al bagno Paparazzi) può vedere un bunker per mortai e i così detti denti di drago. Sono delle fila di spuntoni in cemento armato che venivano posizionati sulla spiaggia per arrestare l’avanzata delle truppe da sbarco tra cui i carroarmati.

A poca distanza continuano i lavori per la sistemazione di un bunker più grande che poteva contenere fino a sei persone che, se tutto andrà bene, anno prossimo sarà visitabile da pubblico e scolaresche. Al suo interno si celano tante curiosità e misteri. Primo tra tutti un murale con scritte gotiche che più che al nazismo sembra ispirarsi alla massoneria. In conclusione si può dire che c’è una fetta di “passato remoto” che ha ancora tanto da dire e svelare.

foto Elena Arcangeloni

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Alessandro Mazza

Alessandro Mazza

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