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Gli studenti dell’infanzia, delle elementari e delle medie proseguiranno la loro attività scolastica in presenza. Gli studenti delle scuole superiori, invece, lavoreranno da casa, andando in classe ogni tanto (una o due volte alla settimana).

E’ il compromesso siglato nella notte tra le Regioni e Giuseppe Conte, pressato dal Ministro Azzolina che chiedeva ostinatamente una didattica al 100% in presenza. E la parola “compromesso” è del tutto pertinente visto che il Premier ha formalmente detto no al 100 per cento delle lezioni a distanza chiesto dai governatori delle regioni, ma non è riuscito a mantenere l’argine del 75 per cento che aveva proposto in una delle ultime bozze del Dpcm. E’ stato, infatti, obbligato ad aggiungere un significativo «almeno» alla quota già molto importante dei tre quarti di didattica digitale obbligatoria per le scuole superiori.

Il testo finale recita così: «Le istituzioni scolastiche di secondo grado adottano forme flessibili nell’organizzazione dell’attività didattica incrementando il ricorso alla didattica digitale integrata per una quota pari ad almeno il 75 per cento dell’attività». Tradotto: nelle scuole superiori si farà dal 75 al 100 per cento di didattica a distanza.

In questo modo i governatori di Campania, Lombardia e Sicilia potranno mantenere le loro ordinanze che lasciano tutti gli studenti della scuole superiori a casa per le prossime due settimane. Le altre regioni che avevano imposto “almeno il 50 per cento” delle lezioni da casa, dovranno ora adeguarsi e aumentare la quota.

Inoltre, è stato previsto che gli studenti delle superiori che andranno in classe – già da domani dunque – non dovranno entrare mai prima delle 9 ed eventualmente potranno fare turni anche al pomeriggio.

Il Dpcm è in vigore fino al 24 novembre ma nessuno nel mondo della scuola si nasconde che quanto deciso ora varrà almeno fino a dopo le vacanze di Natale.

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