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“Il rischio dell’acqua alta per località di mare come Rimini e Cesenatico è concreto. Senza voler essere per forza allarmisti queste cose non sai quando capitano, ma prima o poi capitano”. Le parole, affatto rassicuranti, sono del presidente regionale di Legambiente Lorenzo Frattini che ha presentato ieri in videoconferenza il dossier “Il clima ci riguarda: futuri rischi in Emilia-Romagna” redatto in collaborazione con diversi esperti di clima, rischio e analisi idraulica.

Alluvioni, frane, mareggiate, grandinate con chicchi “grossi come palline da tennis”, persino tornado. Con costi enormi da sopportare per la comunità: solo le quattro maggiori alluvioni avvenute dal 2014 ad oggi in Emilia-Romagna hanno prodotto danni ‘ufficiali’ (quelli effettivi sono sicuramente maggiori) per 500 milioni di euro.

Già, perchè l’Emilia-Romagna, per ragioni morfologiche e geologiche, rischia molto più di altre zone di pagare caro il prezzo del cambiamento climatico, come ha rilevato anche Ispra nel suo rapporto 2018. Non solo le temperature medie sono molto più alte rispetto al passato (+1,1 gradi nel 1991-2015 rispetto al 1961-90, +2 gradi in estate) ma è aumentata a dismisura anche la piovosità. E il clima, sottolinea Carlo Cacciamani di Arpae, “è una variabile che aumenta le condizioni di rischio”.

Basta considerare negli ultimi anni: nel 2017 si è passati dalla siccità, con record di temperature in estate, agli allagamenti di Lentigione (Re) e Colorno (Pr) a dicembre. L’anno scorso si è avuto il maggio più piovoso dal ’61 seguito dal giugno più caldo. E tutto ciò si ripercuote su un territorio fragile, dove i fiumi hanno poco spazio e le coste sono spesso impermeabilizzate dal cemento.

Per correre ai ripari serve consapevolezza che il clima è già cambiato molto, in direzione della tropicalizzazione, e servono soldi. “Abbiamo bisogno di risorse importanti per fare fronte a questi rischi, il cantiere che va aperto è quello della rigenerazione urbana e difesa del territorio”, dice ancora Frattini. Attingendo nel modo giusto ai grandi investimenti all’orizzonte. “Sull’uso di Recovery Fund e patto per il lavoro e per il clima – conclude il presidente di Legambiente – bisogna avere le idee chiare”.

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