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Un barlume di speranza e poi un’altra mazzata. Per l’Emilia Romagna nei quotidiani bollettini sulla pandemia le “solite” indicazioni contrastanti.

Partiamo dai dati positivi: ieri, dopo diversi giorni di picco, la curva dei contagi non è aumentata, anche se sono cresciuti i decessi (40 di età compresa fra i 61 e i 100 anni). In lieve calo, dunque, l’Rt regionale, l’indice che misura la trasmissibilità del Covid, che passa dall’1,63 della scorsa settimana a 1,57.

A raffreddare gli entusiasmi i dati diramati ieri dall’Agenzia per i servizi sanitari regionali (Agenas), aggiornati al 6 novembre, secondo cui “i posti occupati dai pazienti Covid nei reparti di medicina generale, malattie infettive e pneumologia hanno superato la quota critica del 40% in ben 10 regioni”.

E tra queste regioni c’è anche l’Emilia Romagna (45%), seppur il dato rilevato sia ancora distante dai territori più critici come la Liguria (70%), la Lombardia (69%), il Piemonte (93%), Bolzano (98%), e la Valle d’Aosta (89%).

Anche per le terapie intensive il valore considerato ‘di sicurezza’ del 30% è superato da 10 regioni, ma il valore nazionale resta fermo al 31%: Emilia Romagna (31%), Liguria (37%), Lombardia (49%), Marche (37%), Piemonte (46%), Bolzano (55%), Trento (33%), Toscana (41%), Umbria (51%), Valle d’Aosta (43%); mentre la Puglia è al limite col 30% delle terapie intensive occupate da pazienti Covid.

Nei giorni scorsi, intanto, proprio per la incompatibilità di questi dati, è circolato il sospetto che le Regioni possano aver inviato dati parziali per evitare il lockdown: “Non voglio nemmeno pensare a una eventualità del genere – ha commentato il presidente regionale Stefano Bonaccini – i nostri dati, caricati dalle aziende sanitarie locali su una piattaforma, sono validati, diffusi e inviati ogni giorno a stampa e via social network. Abbiamo una responsabilità enorme, non certo piccoli interessi di bottega da difendere”.

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