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“I circoli ricreativi, per statuto, non possono avere profitti, ma non devono neppure generare debiti. E, invece, queste regole astruse rischiano di mettere a repentaglio l’esistenza stessa di realtà storiche che, nelle loro comunità, rappresentano da sempre punti di riferimento preziosi”.

Difficile non condividere il punto di vista di Fabiana, titolare – assieme ad un altro socio – dal 2015 del glorioso Circolo Endas di Bagnarola, duecento tesserati e punto di ritrovo dal 1955 della frazione. Anche l’amministrazione si è mossa in quest senso.  Chiuso da metà ottobre scorso, il locale di via Cesenatico oggi si ritrova più che mai penalizzato dalle contraddittorie normative dei dpcm che, malgrado la presenza del servizio bar annesso, ne hanno imposto la chiusura totale proibendo anche la formula dell’asporto. Ed è soprattutto quest’ultimo aspetto a non convincere Fabiana: “Poco dopo la chiusura di tre mesi fa – spiega – io e il titolare del circolo Endas di Cannucceto, abbiamo avuto un colloquio con il sindaco Gozzoli a cui abbiamo espresso tutte le nostre perplessità. Ma lui ci ha spiegato, in maniera molto convinta, che né la Regione né tantomeno un Comune potevano sconfessare le indicazioni di un decreto governativo”.

Eppure, oltre al circolo ricreativo, al vostro interno funzionava anche il bar…

“E infatti, prima che la Polizia Municipale ci imponesse bonariamente la chiusura, io all’interno dei nostri locali avevo già operato una suddivisione degli spazi separando la zona bar dalla sala del circolo ricreativo rendendola, di fatto, inaccessibile. Speravo che con quell’accorgimento logistico avrei potuto lavorare col bar almeno fino alle 18, ma mi è stato detto che la somministrazione di bevande all’interno di un circolo ricreativo è un’attività secondaria che non può essere sconnessa dalla sua gestione ordinaria”.

Dunque, si è dovuta arrendere…

“Sì, anche perché il sindaco mi ha spiegato che, se fosse stata una materia di competenza della polizia municipale, lui avrebbe anche potuto chiudere un occhio ma, trattandosi di una questione di pertinenza della Questura e dei Carabinieri, non si poteva fare davvero nulla”.

Che cosa non l’ha convinta di questa vicenda?

“Mah guardi, io capisco che noi nasciamo come azienda no-profit e che quindi il circolo, da statuto, deve andare avanti esclusivamente con l’auto-finanziamento dei soci, ma qui non si tratta di generare profitto, bensì di arginare i debiti. Noi, come tutti, abbiamo delle spese fisse a cui dobbiamo far fronte. Penso alle bollette del gas, della luce e dell’acqua, che arrivano regolarmente, ma anche alla Tari che ci è stata puntualmente recapitata a dicembre senza, per altro, quelle decurtazioni che il sindaco aveva promesso. Per fortuna che l’affitto siamo riusciti a sospenderlo grazie ad un accordo con la banca, ma il tassametro continua a girare e dunque, giorno dopo giorno, i nostri conti sono sempre più in rosso”.

Quali sono gli altri problemi provocati dalla chiusura?

“In primis la merce in scadenza. Ho già buttata via intere cassette di bibite e tante tavolette di cioccolata”.

 
 
 

Fabiana, qual è la speranza?

“Ho letto che il sindaco di Cesena Lattuca si è mosso nei confronti della Regione per far sì che Bonaccini chiarisca questo punto dedicato ai circoli ricreativi permettendoci quantomeno di fare l’asporto. Sarebbe già un modo per contenere il danno riuscendo magari a pagare qualche bolletta”.

Che cosa la fa più arrabbiare in questa situazione?

“Ho il sospetto che si vogliano penalizzare i circoli per una sorta di ritorsione fiscale. Come dire: voi non pagate le tasse e allora non ha senso equipararvi agli altri bar. Ma, ripeto, qui non si tratta più di creare marginalità, ma solo di arginare delle perdite che, giorno dopo giorno, si fanno sempre più preoccupanti. Non può essere questo il momento delle discriminazioni, anche perché, sul fronte della sicurezza, non esiste alcuna differenza tra noi e il bar di fianco”.

Tutti i circoli si trovano nella stessa vostra situazione?

“A quanto pare sì. Anche i circoli Arci ed Acli non hanno lavorato in questi 90 giorni ed è per questo che tanti sindaci, soprattutto del Pd, sull’onda anche delle pressioni delle associazioni di categoria, si stanno attivando per fare qualcosa. Inoltre, da quanto ho scoperto, nella vicina Toscana le cose stanno andando in maniera diversa visto che un’ordinanza della regione, datata 24 dicembre 2020, ha consentito ai circoli di fare asporto e servizio a domicilio almeno per i propri tesserati. Ho prodotto diversi documenti anche al nostro sindaco e lui stesso, dopo averli esaminati, mi ha confermato che le cose pare stiano realmente così. A questo punto spero prevalga il buon senso e che anche in Romagna si possa tornare, seppur con tutte le cautele del caso, a garantire quantomeno il servizio di asporto. Ripeto, a questo punto, non è più solo una questione di diritto, ma di sopravvivenza”.

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