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Dopo la scuola – con la clamorosa sentenza del Tar che ha, di fatto, sconfessato l’ordinanza del Governatore Bonaccini – adesso ci provano anche i ristoratori. E il governo trema perché, nel caso in cui il ricorso presentato al Tribunale Amministrativo Regionale dai 130 ristoratori bolognesi dovesse andare a buon fine, il mondo della ristorazione – vessato da metà ottobre dalle limitazioni dei

Dpcm – potrebbe riaprire con il conforto della legge.

I ristoratori emiliani, che si riconoscono nel comitato “Tutela ristoratori Bologna”, ha infatti depositato il suo ricorso contro le ordinanze governative al Tribunale Regionale. Ora si attende il pronunciamento che, come avvenuto per la scuola, potrebbe ridare speranza all’intero settore della ristorazione romagnola.

Intanto, nella giornata di ieri, l’assemblea degli aderenti ad Ascom ha deciso di intraprendere una sua azione legale. Oltre un centinaio di iscritti presenterà ricorso al tribunale ordinario, via diversa rispetto all’azione amministrativa, per chiedere la disapplicazione della normativa che chiude gli esercizi e i risarcimenti per le perdite subite.

“Promuoviamo un’azione nei confronti del governo perché riteniamo si sia mosso in un quadro di mancato rispetto del diritto al lavoro riconosciuto dalla Costituzione”, spiega Vincenzo Vottero, chef e presidente dei ristoratori Ascom, secondo cui “se mi impedisci di lavorare devi mettermi in condizione di mantenere l’azienda”. E invece “i ristori erogati rappresentano il 7% del fatturato dell’anno precedente, una cifra che non serve a niente”.

“Il Comitato tecnico scientifico a ottobre ha detto che, se i ristoranti mantengono le misure di sicurezza, non sono luoghi di contagio — rincara sempre Vottero —. Fateci lavorare sicuri, controllateci due volte al giorno. Con multe salate per bastonare i furbetti”.

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