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In tempi di pandemia e di proibizioni, si sa, siamo tutti un po’ frustrati, ma ci sono limiti che non possono essere mai superati, i limiti della civiltà e dell’educazione.

E, invece, ciò che è accaduto martedì mattina in un negozio che vende alimentari nel centro di Cesenatico rappresenta una pessima pagina d’inciviltà.

La scena di partenza è quella tipica della nostra quotidianità. Per rispetto dei protocolli sanitari, l’esercizio in questione è dotato di due ingressi, uno per entrare e l’altro per uscire. Ci sono i cartelli a caratteri cubitali che lo indicano.

Un uomo sulla cinquantina, però, probabilmente soprappensiero, inverte le direzioni ed entra dalla porta sbagliata. Poco male, può capitare. Una donna glielo fa notare in maniera asettica: “Guardi, si entra dall’altra parte”. La risposta? Un colorito campionario di accuse sessiste di cui riportiamo solo alcuni stralci: “Ma che c…. vuoi da me?”; “Perché non vai a trom… con tuo marito”; “Attaccati a ‘sto c…”.

All’interno del negozio, in quel momento, c’è un cliente e, soprattutto, c’è il titolare che, di fronte a quella violenta aggressione verbale, non interviene e, come se niente fosse, continua con indifferenza a fare il suo mestiere.

 
 
 
 

“Mi sono sentita offesa prima di tutto come donna – spiega la malcapitata – che cosa c’entravano, mi sono chiesta, tutte quelle offese a sfondo sessista?”. Non c’entravano nulla, ma evidentemente la donna si è trovata al cospetto di un individuo frustrato, probabilmente misogino, che, oltre a non conoscere le buone maniere, ha gravi problemi relazionali con l’altro sesso. E al titolare del negozio, invece, bisognerebbe ricordare che le aggressioni verbali a sfondo sessiste sono reati penalmente perseguibili. Girarsi dall’altra parte e, con omertosa complicità, fare finta di nulla non è stata la scelta giusta.

 

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