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Una storia di violenza sessuale consumata a Cesenatico. E la testimonianza che abbiamo raccolto squarcia il silenzio, vero protagonista di un dramma in cui preda e predatore sono due quarantenni di Cesenatico. A quella notte di fine luglio del 2020 non ha fatto seguito una denuncia alle forze dell’ordine. Il perché lo abbiamo chiesto alla diretta interessata che, con coraggio, ha raccontato un‘esperienza intima ancora molto dolorosa.

Partiamo dalla fine. Ciò che hai vissuto come lo definisci?

“Una violenza sessuale perché ho dovuto subire una cosa che non volevo”.

Cosa hai provato in quella tremenda situazione?

“Disgusto. Ma la primissima cosa è stata paura. Paura di quel che succedeva, paura di non riuscire a venire via e subito dopo il disgusto per la situazione”.

Sono la vittima, ma provo vergogna e senso di colpa

E a distanza di quasi un anno che conseguenze noti?

“Non mi fido delle persone. Degli uomini ancora meno. Perché è successo con una persona che non pensavo mai potesse fare una cosa del genere. Lo conoscevo superficialmente, ma non me lo sarei mai aspettato. Sessualmente, questa esperienza mi ha creato un blocco esagerato. La cosa più brutta che ti rimane è la paura di aver sbagliato qualcosa, di aver lasciato intendere qualcosa, anche solo con un gesto. Adesso ho capito il perché del senso di colpa legato alle vittime di abusi sessuali”.

Cosa pensi di aver fatto per sentirti in colpa?

“Penso di aver fatto qualcosa di sbagliato se si è permesso un gesto simile”.

Il tuo sentirti in colpa ha influito sul fatto che non lo hai denunciato?

“Sì perché pensi che chi sta dall’altra parte ti rida in faccia. Ho pensato alla scena. Vado dalle forze dell’ordine e dico: devo denunciare una violenza. Sono andata a casa sua, abbiamo parlato e all’improvviso  mi ha aggredito e non sono riuscita a divincolarmi”. Lo so cosa penserebbe la gente, che me la sono andata a cercare, ma io non mi aspettavo di essere violentata. Questo fatto lo sa una persona sola che mi ha detto che passerà”.

 
 
 
 

E è passata a quasi un anno di distanza?

“Non è un pensiero fisso, ma quando ci penso fa malissimo. È un pensiero che cerco di scacciare”.

Questa persona com’è?

“È l’immagine del bravo ragazzo per eccellenza. Non è lo scapestrato”.

Se le forze dell’ordine ti rassicurassero, tu denunceresti?

“A distanza di un anno? Sì forse sì”.

La gente penserebbe che me la sono andata a cercare

Come valuti il fatto che c’è chi rivela di aver subito violenze dopo diverso tempo? Come te lo spieghi?

“Perché pian piano lo digerisci. A caldo non lo accetti e non riesci a parlarne subito e quindi è più facile che venga fuori a distanza di anni. Piano piano il tempo passa… non è una ferita che si ricuce, ma ti distacchi e ne parli come se fosse successo ad un altro, non hai più il ricordo sulla pelle”.

Che rapporto c’era tra voi?

“Ci conoscevamo da un mese e mezzo. Parlavamo molto, uscivamo con un gruppo di amici di tanto in tanto, ma non c’era mai stato neanche un bacio”.

Lo hai più rivisto?

“Solo da lontano. Mi fa schifo”.

E il giorno dopo ha chiesto scusa…

“Il giorno dopo ha iniziato a tempestarmi di chiamate per chiedermi di vederlo. Io ero terrorizzata. Ci siamo visti in un bar per sicurezza. Mi ha chiesto scusa piangendo e ha riconosciuto di aver fatto un gesto terribile. Io ero ancora traumatizzata. E poi ho cercato di rimuovere l’accaduto”.

Quella sera come si è originato tutto?

“Mi ha mandato un messaggio chiedendomi di parlare intorno alle 23 perché stava male. Sono arrivata a casa sua e aveva bevuto moltissimo. E me lo ha detto: “Guarda sto finendo la seconda bottiglia di vodka”. Ho chiesto cosa gli fosse successo e si vedeva che era agitato”.

Aveva assunto droghe secondo te?

“Per me no, ma con due bottiglie di vodka lucido lucido non lo sei. Parlavamo del più e del meno nel divano di casa. E poi mi è saltato addosso. Dal niente”.

E…

“Mi ha tenuto stretta, mi ha tolto i vestiti, ho provato a urlare a dirgli di smettere, ma io sono la metà di lui. Non c’era modo…. A un certo punto mi sono azzerata, non ho più reagito se non per piangere…”

E nonostante ciò?

“…”

Come ne sei uscita?

“Appena si è alzato per andare in bagno sono scappata”.

Se leggesse questo articolo, cosa vorresti dirgli?

“Che non è così che ci si sente uomini”.

Secondo te aveva già abusato di altre donne o potrebbe rifarlo?

“Non ne ho la più pallida idea. Se è una persona che beve e perde il controllo potrebbe succedere di nuovo, non credo però che gli sia successo prima. E ho ritenuto che il suo fosse un pentimento sincero”.

Ci sono mai stati momenti in cui hai ripensato all’accaduto e hai detto: adesso lo denuncio?

“No”.

A una persona che ha vissuto la tua esperienza, cosa diresti di fare?

“Di parlarne, forse non direi di denunciare perché io ancora temo di non essere creduta, ma di parlarne con la persona giusta. Questo sì”.

Provi vergogna per l’accaduto nonostante tu sia una vittima?

“Sì perché agli occhi delle persone non sono una vittima. Sento il peso di quel: “Te lo sei andato a cercare”. Tanto la gente penserebbe che non ho 12 anni e che avrei potuto reagire”.

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Alessandro Mazza

Alessandro Mazza

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