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Fondazione Cetacea lo svela su facebook. Il fatto è grave e particolarmente toccante visto che un esemplare protetto viene proposto al miglior offerente. In barba a ogni considerazione etica. Gli esperti del centro di Riccione hanno riconosciuto l’esemplare che era stato curato presso la loro struttura e hanno attivato un canale internazionale per impedire la vendita. Ecco cosa ha scritto Fondazione cetacea su facebook: “Il lavoro dei Centri di Recupero è un lavoro duro, che spesso riserva amare sorprese. E’ successo mercoledì 5 maggio. Ci è arrivata su FB una comunicazione dall’Egitto: “sono in possesso di questa tartaruga e voglio venderla” corredata dalle immagini allegate. Abbiamo immediatamente scoperto, dalla targhetta di metallo affissa alle pinne natatorie, che si trattava di un esemplare da noi curato per gravi lesioni: Giuseppe. Recuperata a Goro nell’agosto 2020 con gravi lesioni al cranio, è stata poi curata e rilasciata nel Novembre 2020. Abbiamo subito cercato di aprire un canale di comunicazione con la persona che aveva catturato Giuseppe sia attraverso i canali ufficiali, segnalando al Ministero Egiziano dell’Ambiente l’accaduto, sia attraverso canali diretti. Grazie al progetto LIFE Medturtles stiamo collaborando con l’Università di Sfax in Tunisia, abbiamo quindi preso contatto immediatamente con il prof. Imed Jiribi e il dott”.

 
 
 

Hamed Mallat il quale ha aperto un canale di comunicazione diretto con chi deteneva Giuseppe. La persona in “possesso” di Giuseppe ha chiesto subito 100.000 euro per poi scendere a 50.000. Il nostro rappresentante gli ha spiegato che, non solo non poteva venderla, ma era perseguibile perché si trattava di un animale protetto. Alla fine hanno concordato che lui avrebbe liberato la tartaruga e ci avrebbe documentato l’evento con un filmato. Il giorno dopo ha comunicato di aver liberato Giuseppe ma di non averlo filmato. Quindi non sappiamo se le cose sono andate a finire bene. Quello che sappiamo per certo è che l’Egitto ha firmato la convenzione di Washington nel 1978 e che quindi si è impegnato, di fronte alla comunità internazionale, a proteggere gli animali minacciati ma che, altrettanto certamente non lo fa. Mentre i nostri amici tunisini hanno immediatamente attivato le loro conoscenze egiziane per liberare Giuseppe, dal Ministero dell’Ambiente egiziano non abbiamo avuto nessuna risposta”.

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Alessandro Mazza

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