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Il classico “pasticcio all’italiana”. Tante idee, alcune sulla carta anche efficaci, ma poi – alla prova dei fatti – puntualmente inapplicabili. E il Green Pass, purtroppo, non fa eccezione.

Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ieri ha ribadito che saranno i titolari dei locali a dover provvedere all’osservanza delle misure anti-Covid, ma ”non potranno chiedere la carta d’identità ai clienti”. Insomma, fatta la legge, già trovato l’inganno. Basterà infatti esibire il Green Pass di un’altra persona per poter accedere a ristoranti, palestre e sale giochi. Perché nessuno potrà mai sapere se il nome che compare nel display dell’app di verifica sia davvero il vostro.

“Ristoratori ed esercenti – ha spiegato ieri il Ministro – non sono tenuti a chiedere la carta d’identità e faremo una circolare come Viminale per spiegare che non sono tenuti a farlo. Nessuno pretende che gli esercenti chiedano i documenti, i ristoratori non devono fare i poliziotti”.

 
 
 

“Apprezziamo le parole del ministro Lamorgese sul fatto che non spetti ai gestori controllare i documenti – ha dichiarato ieri il direttore generale della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (Fipe) di Confcommercio, Roberto Calugi – ma è bene che si faccia chiarezza: se una persona esibisce un Green pass di un’altra persona e viene scoperto nei controlli a campione della polizia, un barista non può esserne responsabile e rischiare a sua volta una sanzione. Perciò bisogna intervenire sul quadro sanzionatorio: si modifichi la norma o almeno si diffonda una circolare ministeriale”.

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