fbpx

Quando si sente parlare di Cesenatico si pensa al mare e ai suoi frutti. Alle infinite combinazioni che si riescono a creare con il pesce. Enogastronomia a km 0, ristoranti di qualità, pranzi con scorci tra le onde.  Eppure c’è molto di più. La città riesce a far scoprire il suo lato più “nascosto”. Un viaggio che si avvicina alla terra.

Perché la Romagna è così. Impossibile nominarla senza rievocare le immagini che la caratterizzano: la vitalità estiva, le musiche da balera, la “S” che scivola su ogni parola pronunciata e… l’enogastronomia.  È la capitale del benessere e del buon cibo. Anzi, del cibo che diventa un fattore di identificazione su cui poggia un’intera cultura. Ogni luogo, nella Regione, ha il proprio piatto tipico e una storia da raccontare.

Così anche Cesenatico decide di dire la sua. Località famosa per il pesce e il mare, è un territorio che estende i suoi confini anche verso la campagna. E quindi, oltre all’infinita varietà di pietanze ittiche, c’è la possibilità di assaporare gustose preparazioni di terra.

Ciò  che riesce a riassumere la cultura culinaria dell’entroterra è, senza dubbio, il galletto. Fatto alla maniera romagnola, beninteso.

Ecco una ricetta che, da generazioni, mette a tavola intere famiglie. Graziano Pozzetto, nel suo libro “Le cucine di Romagna, storie e ricette”, illustra la maniera migliore per dare vita ad un pranzo a regola d’arte:

 

Galletto al miele:

INGREDIENTI:

  • 1 galletto
  • 3 cucchiai di miele
  • 3 cucchiai di olio d’oliva
  • 2 spicchi d’aglio
  • 1 pezzetto di rametto fresco di rosmarino
  • 5 foglie fresche di salvia
  • Sale e pepe macinato

Strofinare il galletto, fuori e dentro, con sale e abbondante pepe macinato e poi inserire nell’addome le erbe aromatiche sminuzzate e gli spicchi d’aglio tagliati a metà. Sistemare il galletto in una casseruola, condirlo con olio d’oliva e infornare. A metà cottura spennellare completamente con il miele, rimetterlo nel forno e bagnarlo col sugo di tanto in tanto. Un galletto siffatto nuovo dell’annata si  mangiava alla fine della trebbiatura, in occasione della semina del grano e a Natale.

Graziano Pozzetto, il più grande esperto di enogastronomia romagnola, racconta il galletto:

È uno di quegli elementi che caratterizzano la tradizione. La stessa tradizione, però, non si limita unicamente alla ricetta. C’è un lavoro di preparazione che va ben oltre questo.

Il galletto, per essere davvero buono, deve avere almeno sei mesi di vita e un peso proporzionale alla sua età. Solitamente intorno ai due chili. Inutile andare alla ricerca di carni sviluppate mediante l’uso di antibiotici. Serve anche l’animale sia stato nutrito in maniera naturale e che abbia potuto vivere in libertà.

È un pasto conviviale, specialmente se accompagnato da un bel bicchiere di Sangiovese, che unisce le generazioni. Si tratta di un piatto che merita di essere raccontato.”

foto tratte da pexels

Inviando questo modulo acconsenti al trattamento dei dati secondo le vigenti norme di Privacy e diritto di autore. Per maggiori informazioni vai alla pagina Privacy e Cookie.

Leave a Reply