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I cittadini di San Marino hanno approvato la legalizzazione dell’aborto in un referendum che, secondo i dati provvisori diffusi dal ministero dell’Interno, è stato approvato con il 77% dei Sì.

I residenti della minuscola repubblica, dalla forte tradizione cattolica, si sono dunque espressi a larga maggioranza per consentire l’interruzione di gravidanza entro le 12 settimane e, in caso di malformazioni del feto o rischi per la vita della gestante, anche oltre questo termine. 

Roberto Buda candidato Sindaco

Fino a ieri, a San Marino – a 43 anni di distanza dalla legge italiana – le donne non potevano abortire neanche in pericolo di vita e l’interruzione di gravidanza era per il codice penale un reato con una pena prevista dai tre ai sei anni di reclusione.

 
 
 
 

Il referendum propositivo di iniziativa popolare prevedeva questo quesito sulla scheda: “Volete che sia consentito alla donna di interrompere volontariamente la gravidanza entro la dodicesima settimana di gestazione, e anche successivamente se vi sia pericolo per la vita della donna o se vi siano anomalie e malformazioni del feto che comportino grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna?”. I dati parziali parlano di una maggioranza di sì, con uno scarto complessivo di un centinaio di voti.

La campagna sul referendum ha visto schierati su opposti fronti le attiviste dell’Unione donne sammarinesi e le associazioni Pro Vita. In questi giorni i quartieri o Castelli di San Marino sono stati tappezzati di manifesti, alcuni con immagini esplicite come feti ricoperti di sangue o giovani affetti dalla sindrome di Down.

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