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Come era ampiamente previsto – tra gli anatemi degli operatori balneari e di una parte del centrodestra (“Non si espropriano le aziende italiane che hanno investito per dare concessioni a multinazionali straniere”, ha tuonato Giorgia Meloni) – il governo per evitare la procedura di infrazione europea ha varato oggi all’unanimità la norma che metterà fine alle proroghe incondizionate delle concessioni sulle spiagge. Tradotto, significa che dal 2024 anche i 126 stabilimenti di Cesenatico finiranno all’asta.

Il Consiglio dei ministri, infatti, ha approvato oggi la riforma delle concessioni balneari fissando due obiettivi: spingere gli investimenti e abbassare il costo di lettini e ombrelloni. Niente più proroghe illimitate dunque: le spiagge dal 2024 saranno aggiudicate tramite gara.

Con criteri però di salvaguardia per i piccoli concessionari e, almeno sulla carta, a tutela della specificità italiana. E con un principio ispiratore molto chiaro: puntare sugli investimenti per migliorare la qualità dei servizi e abbassare, per i turisti-consumatori, le tariffe della spiaggia che, specie in alcune località, hanno raggiunto livelli da capogiro.

 
 
 
 

L’impianto principale previsto dalla bozza sul tavolo a Palazzo Chigi era quello di allinearsi con la normativa europea ed “al fine di assicurare un più razionale e sostenibile utilizzo del demanio marittimo, favorirne la pubblica fruizione”. E poi, promuovere un “maggior dinamismo concorrenziale, nel settore dei servizi e delle attività economiche connessi allo sfruttamento delle concessioni per finalità turistico-ricreative”.

La novità che emerge in queste ore, a quanto riferiscono fonti di governo, è infatti l’inserimento nel testo di un vincolo preciso per chi parteciperà alle gare: si dovranno dichiarare gli investimenti programmati, dettagliare cioè come si intende migliorare le attività demaniali e quali tariffe si applicheranno.

Un esempio? Il concessionario si impegna a investire 3 milioni di euro e stabilire una tariffa di 20 euro per due lettini e un ombrellone per i primi 3 anni, 22 euro per i successivi 5 e poi di 25 euro.

La durata della concessione, inoltre, non dovrà essere superiore a quanto necessario per garantire al concessionario “l’ammortamento e l’equa remunerazione degli investimenti autorizzati dall’ente concedente in sede di assegnazione della concessione e comunque da determinarsi in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare”.

E’ un meccanismo che prova, in primis, a frenare la corsa ai rincari e a stimolare, con l’apertura alla concorrenza, un effetto di discesa dei costi per i consumatori, come si è verificato negli anni passati nella telefonia e del trasporto ferroviario. Gli investimenti servono in parallelo a garantire un aumento della qualità dei servizi in competizione con Paesi come la Grecia o la Spagna.

Ma il tema è spigoloso e la discussione sul testo è ancora apertissima: è ancora in discussione anche il veicolo normativo, se presentare un emendamento alla legge sulla Concorrenza o una nuova legge delega.

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