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Ogni primavera la stessa storia: hotel, ristoranti, bar e stabilimenti balneari alla disperata ricerca di personale che non c’è. Da una parte le lamentele degli imprenditori che sostengono che “nessuno ha più voglia di lavorare”, dall’altra le repliche dei sindacati che sostengono invece che “i lavoratori ci sono ma bisogna iniziare a pagarli nel modo giusto”.

L’ultima polemica arriva dalla costa ravennate, dove nei giorni scorsi, la cooperativa stabilimenti balneari ha lanciato l’allarme: “Ogni anno è sempre più difficile riuscire a reclutare forza lavoro per le nostre spiagge. Di questo passo, sarà complicato garantire la piena efficienza dei nostri servizi”.

 
 
 
 

Parole che non sono piaciute alla Uil di Ravenna che ha infatti ha subito colto la palla al balzo chiedendo alle imprese del settore turistico di riflettere anche “sull’etica della loro attività riconoscendo la dignità delle persone e il valore del lavoro”.

Secondo il sindacato, nel tanto lodato ‘modello romagnolo’, ha spesso prevalso in questi anni “la cultura dello sfruttamento legalizzato. Spesso il contratto di assunzione c’è ma con condizioni ben lontane dalla realtà. Contratti a chiamata o part-time da 15/20 ore a fronte di rapporti di lavoro che dovrebbero essere full-time, il giorno di riposo spesso saltato… insomma dietro a tanti contratti si nasconde un sistema basato sull’evasione e sul lavoro irregolare”.

 
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