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In cattedra? Mamma e papà. Erano 582 i casi in regione nel 2018 prima che la pandemia irrompesse nella nostra quotidianità. Oggi sono diventati circa 1.900 i bambini e i ragazzi emiliano-romagnoli che non vanno a scuola ma vengono istruiti direttamente dai loro genitori a casa.

Un fenomeno in costante crescita illustrato ieri da Bruno Di Palma, vicedirettore dell’Ufficio scolastico regionale, ascoltato in commissione Cultura e scuola.

 
 
 

L’istruzione parentale, ha spiegato, “è alternativa alle aule scolastiche. I genitori decidono di dare un’istruzione direttamente ai loro figli semplicemente presentando una comunicazione preventiva. Al termine dell’anno, lo studente sostiene un esame per accedere alla classe successiva”.

E i casi, come detto, sono in netto aumento: “Il più corposo è avvenuto nell’anno scolastico 2020-21 (1.671), e nel 2022 si arriverà a circa 1.900. La causa è dovuta alla pandemia, ma ci sono anche altre motivazioni. Le richieste maggiori sono per la primaria (0,7%), mentre per il secondo grado si scende allo 0,5%”.

 
 
 

C’è invece chi a scuola non può proprio andarci, per motivi di salute. Negli ospedali dell’Emilia-Romagna ci sono diverse sezioni autorizzate grazie a convenzioni con le aziende ospedaliere. Sono 18 le sezioni, a livello regionali: due di scuola dell’infanzia, otto di primaria, cinque di media e tre di superiore, che si trovano negli ospedali di Bologna, Montecatone, Sassuolo, Modena e Parma.

 
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