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Si sta giocando una partita molto importante a Roma dove si sta chiudendo l’accordo sulla riforma delle concessioni balneari contenuta, come noto, nel disegno di legge sulla concorrenza.

Il presidente del consiglio Mario Draghi ha deciso che, se non si arriverà al voto entro maggio, chiederà la fiducia sul provvedimento, blindandone di fatto i contenuti. Dal momento che le forze politiche di maggioranza non sono ancora riuscite a trovare una posizione comune per migliorare la proposta approvata lo scorso febbraio dal consiglio dei ministri, a restare sul piatto per ora c’è solo la linea delle gare entro il 31 dicembre 2023 e dell’indennizzo ai concessionari uscenti sugli investimenti non ammortizzati. Insomma, lo scenario peggiore per i bagnini.

 
 
 
 

Il problema è, come sempre, la divisione del mondo politico che, su questo tema, non riesce a trovare una convergenza di idee e progetti.

I titolari degli stabilimenti, ovviamente, sperano in un periodo transitorio più lungo (dai due ai cinque anni) e, soprattutto, nel riconoscimento di un indennizzo più robusto.

Ma ora il diktat di Draghi che ha imposto un’accelerazione sulla questione dopo troppi mesi di stallo e di melina rischia di partorire una legge fortemente penalizzante per la categoria.

Il problema è che il ddl contiene altri temi vincolanti da approvare entro giugno per ottenere dall’Europa i benedetti fondi Pnrr, dunque il Premier non consentirà ulteriori proroghe imposte dal mancato accordo sulla riforma delle concessioni balneari.

 
 
 
 

L’intervento sulle spiagge si è reso necessario dopo che il Consiglio di Stato, lo scorso novembre, ha annullato la proroga dei titoli al 2033 disposta dalla legge 145/2018 e imposto di riassegnarli tramite gare pubbliche entro la fine del prossimo anno.

Tuttavia, la linea del parlamento sembrava quella di allungare i tempi (la cosiddetta “proroga tecnica”) per consentire ai comuni costieri di espletare migliaia di gare entro il 2023. Uno scenario rispedito al mittente da Mario Draghi che si è detto contrario a qualsiasi ulteriore prolungamento temporale, chiedendo il voto di fiducia proprio per blindare il testo originale.

Le categorie dei balneari, viceversa, rimproverando al Premier di aver gestito la questione spiagge con scarsa lungimiranza, a partire dalla scelta di tenerla a tutti i costi dentro al ddl concorrenza, seppure il tema non abbia nulla a che fare con il Pnrr (“sarebbe stata più logica una legge ad hoc…” sostengono all’unisono).

 
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