Non fu un tragica fatalità. Almeno così la pensa il Giudice per le Indagini Preliminari Corrado Schiaretti che ha deciso di mandare a processo Enea e Mattia Puntiroli (padre e figlio) per la morte del 46enne cesenate Davide Pastorelli annegato il 27 agosto del 2020 nelle acque antistanti il litorale di Milano Marittima dopo un tuffo dal catamarano.
I due imputati – uno titolare delle società che gestiscono il centro velico di Cesenatico dove venne noleggiato il catamarano, l’altro addetto alla consegna dei natanti da diporto – rischiano, il prossimo 26 gennaio, l’incriminazione per omicidio colposo.
C’era il mare mosso quel pomeriggio di due anni fa, quando il catamarano noleggiato da Pastorelli insieme alla fidanzata e a un’altra coppia di amici, arrivò all’altezza del bagno Papeete di Milano Marittima. Il 46enne tentò di fare il bagno malgrado il mare mosso, ma ben presto sparì tra le onde e morì annegato.
Gli amici e la fidanzata lo sentivano gridare cercando aiuto ma – secondo la parte civile (avvocato Alessandro Sintucci) – non avevano tutti gli strumenti necessari per poterlo aiutare. Padre e figlio indagati dovranno in particolar modo spiegare l’assenza sul catamarano del salvagente anulare dotato di corda previsto per legge. Con quel dispositivo – secondo l’accusa – forse Pastorelli si sarebbe potuto salvare.