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Stelle in vacanza: Gaia Zucchi a Cesenatico.

La nota attrice romana sceglie la cittadina rivierasca per concedersi qualche giorno di relax. Ma il lavoro non la molla, tra un provino o un servizio fotografico da preparare. Ordinaria amministrazione per Gaia: la sua carriera attoriale la vede da anni sotto i riflettori. E questo è il prezzo da pagare. Abbattersi non rientra nei suoi piani, anzi, è sempre pronta a regalare un sorriso a chi la riconosce per strada. «Ma lei è Gaia Zucchi? Proprio “quella” Gaia Zucchi?». E chi altro, sennò? Cinema, spettacoli e tanta vita.

Quest’anno, tra i vari progetti che la vedono coinvolta, approda nel mondo della letteratura con il suo primo romanzo: “La vicina di Zeffirelli”. Una raccolta di ricordi, la storia di una vita. Molto più di un semplice racconto, come scrive la stessa autrice: “Questo libro ha un’anima e tanti cuori”. Nulla di più vero. Riemerge il passato, insieme ad un velo di nostalgia. Gaia si racconta

Tra le pagine del libro emergono i tratti di una donna energica, che non si lascia influenzare e che affronta le proprie sfide sempre a testa alta. Allo stesso tempo compare, tra le righe, la figura del mostro sacro Franco Zeffirelli. Potresti descrivere di più il vostro rapporto?

«Non seguo mai la massa. Sono schietta, sincera e dico sempre quello che penso. Anche se poi ne sconto tutte le conseguenze. Non scendo a compromessi, e questo rende tutto incredibilmente complicato. Ho conosciuto Franco a 22 anni. Abitavamo l’uno accanto all’altra. Un incontro inusuale, il nostro: ci trovavamo nel parco della sua villa, sull’Appia Antica. Poca poesia, mi ha scambiata per la moglie del giardiniere. Ma il rapporto vero non ha tardato a nascere. Apprezzava la mia bellezza, la mia gioventù, e mi dava molti consigli (che, neanche a dirlo, non ho mai seguito: ho sempre fatto di testa mia, talvolta anche prendendo decisioni sbagliate). Mi ha insegnato che nella vita ci vuole passione, che nulla si lascia al caso. Ci divertivamo insieme alle feste, giocavamo a carte fino a tarda notte nella sua villa a Positano. Quando vincevo staccava gli occhi dal mazzo e sorrideva. Mi diceva: “Menomale! Qualche piccola soddisfazione anche per te!”. Ironico, eclettico ed estremamente preciso. Mi raccomandava di studiare. E così ho fatto: dalla psicologia, al centro sperimentale di cinematografia e ai mille laboratori che ho seguito. La nostra amicizia mi ha donato la lezione più importante, quella dell’umiltà. L’ho fatta diventare la mia legge di vita, che mi accompagna tutt’ora».

 
 
 
 

foto Daniele Pedone

Cosa ti ha spinto a scrivere un libro come “La vicina di Zeffirelli”? I ricordi, certo. Ma cos’altro?

«Un’esperienza infelice, a dir la verità. Ciò che mi ha fatto prendere in mano la penna è stata la morte di mia madre. Un dolore atroce, da cui sembrava impossibile venir fuori. È come se l’avessi vista di nuovo, è lei che mi ha detto di scrivere. Attraverso la scrittura mi sono liberata. Ho creato un ritratto autobiografico in cui si vede come le luci del palcoscenico non riescano ad illuminare ogni cosa. Ci sono le ombre, le fragilità. L’umanità che si nasconde dietro ai sorrisi da fotografia. È un libro reale, vero. Immergermi nuovamente nelle storie che ho vissuto mi ha aiutato a superare un momento tanto drammatico come la perdita di mia madre. Questo lavoro è dedicato a lei».

Gli uomini vanno e vengono, gli amici restano”, cito direttamente da un capitolo del tuo libro. Pensi che la scrittura in questo senso possa rimettere a posto le cose?

«Mi ritrovo a cinquant’anni suonati sola. Nella mia vita è sempre stato così. Ho avuto anche storie lunghissime ma che poi, inesorabilmente, si sono sgretolate. Fa ancora più male pensarci ora, a conti fatti. Ma gli amici, quei pochi amici, rimangono per sempre. Walter Garibaldi, ad esempio, che mi ha dato l’idea per questo libro. La copertina è a cura di Alessandro Basso che, come se non bastasse, mi ha sostenuta al massimo in questi due anni terribili. Oppure ancora Andrea Di Bella, che legge con me e non mi abbandona mai. No, la scrittura non ha messo tutto a posto. Ma ha aggiustato me. Mi ha fatto oltrepassare un gradino che sembrava insormontabile. Nonostante ciò, la vita continua a presentarmi prove durissime. Probabilmente perché è convinta che io possa affrontarle».

Un’ultima cosa, Gaia: il libro che hai scritto è una vera e propria galleria. Non solo di memorie, ma anche di fotografie magistrali. Si vede che dietro c’è molta cura, oltre l’eleganza del soggetto. Ti definirestiun’esteta”?

«Penso che la vera bellezza degli esseri umani sia l’eleganza. Sì, mi definisco un’esteta. Un’esteta che ama il bello in ogni sua forma e manifestazione. Il bello di una mostra, il dettaglio di un quadro, le parole di un racconto, il profilo di una donna, il sorriso di un bambino. Mi piace ciò che viene dall’anima. E poi, parlando di me, mi piace essere una persona curata. Semplice, ma curata. Adoro ritagliarmi qualche momento da dedicare al miglioramento  della mia immagine insieme a qualche coccola, ogni tanto».

«L’eleganza è la sola bellezza che non sfiorisce mai» – Audrey Hepburn

 
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